[heading style=”subheader”]Cosa accomuna il nostro territorio con quello della Val di Susa? Non molto.[/heading]
A parte il fatto che gli abitanti del comprensorio di Civitavecchia sono circa centomila. E gli abitanti dei 40 e più comuni della Val di Susa sono altrettanti.
A parte il fatto che il nostro territorio rischia di avere qualche problema con l’Uranio 238 e il Radon 222 a causa della presenza di una centrale a carbone leggermente invasiva. E gli abitanti della Val di Susa hanno qualche problema con il tracciato della TAV, che dovrebbe passare proprio in formazioni geologiche nelle quali sono presenti arricchimenti di Uranio 238, con un cantiere leggermente invasivo che rischia di disseminarne un po’ in giro per la valle.
Ora potremmo discutere anche del fatto che gli abitanti della Val di Susa, con modalità criticabili e con iniziative non sempre propriamente pacifiche, da circa 25 anni combattono contro quello che reputano un saccheggio nei confronti del loro territorio.
E potremmo discutere del fatto che, invece, il comprensorio di Civitavecchia, con enorme sforzo e con la partecipazione di una frazione infinitesimale della popolazione residente, a malapena prova ad alzare la testa.
Perché?
Pensate forse che l’impatto ambientale della TAV sia superiore a quello che, da 60 anni, ci fanno ingoiare a forza dalle nostre parti?
Io credo che l’impatto ambientale della Tav nella Val di Susa sia enormemente più contenuto (considerando l’opera finita) rispetto al nostro. Loro non hanno 60 anni di servitù pregressa.
Non hanno il 30% in più di incidenza di alcune patologie tumorali. Eppure non mollano l’osso.
Forse è proprio questo il punto: molti di noi sono nati e cresciuti in un territorio già compromesso in cui anche la consapevolezza era svanita. Andata. Dimenticata.
Non abbiamo conosciuto l’”ante operam”. Non riusciamo nemmeno ad immaginare cosa potrebbe significare il dare respiro a questo territorio.
Riconvertirlo. Lasciarlo in pace.
Ecco. Non riusciamo nemmeno ad immaginarlo.
Se non sai cosa hai perso è difficile poi lottare per riottenerlo.
Foto di Enrico Paravani ©