E’ una scena già vista.
L’Italia, sfortunata nave da crociera, col precariato e la disoccupazione oramai ben sopra la linea di galleggiamento, lascia la sua gente in cabina, ipnotizzata dagli altoparlanti che riportano spread in calo e riforme all’orizzonte.
Non si calano scialuppe di salvataggio. Non si chiede l’intervento dei rimorchiatori.
La Costa Renzina ha avuto solo un piccolo blackout. State sereni.
Privati di un reddito dignitoso, della possibilità di possedere una casa o della relativa serenità che una pensione potrebbe concedere alla loro Terza età, i trentenni italiani si sono rassegnati ed aspettano in cabina.
Buoni, fermi e zitti.
I più bravi avranno uno smartphone nuovo di zecca, da pagare a rate. Beni voluttuari e zero progetti: tanti touch-screen, pochi bambini e zero mutui. Il bene effimero come laudano ad una insoddisfazione che ha radici profonde.
Eppure, dietro un sottile strato di vernice dorata, la ruggine della miseria sta oramai intaccando anche la sala macchine del Paese.
Il CENSIS afferma in questi giorni che, se per una coppia il rischio di povertà è oggi stimato all’11.6%, dinanzi all’arrivo del primo figlio eccolo impennarsi al 13.1%. Se poi i figli sono due ecco che il rischio sale addirittura al 20%.
La chiamano crisi, ma è ben altro.
La ricchezza ha smesso di circolare nelle vene dello stivale, dal cuore ai capillari e quindi ai polmoni.
Perché? Un tumore maligno ruba il nutrimento agli altri organi e cresce a loro discapito, sino a minacciare la sopravvivenza stessa dell’economia nazionale. La redistribuzione della ricchezza si è così arrestata e con lei l’economia, strangolata dalle spire della finanza.
La porzione centrale del tumore vale 75 miliardi di euro (immobili esclusi) e porta il nome di dieci italiani, molti dei quali noti ai più.
I dieci più ricchi cittadini del Paese possiedono così un patrimonio equivalente a quello di mezzo milione di famiglie operaie.
Chi sono?
- Michele Ferrero e famiglia (arcinoti produttori di cioccolato)
- Leonardo Del Vecchio (Patron di Luxottica)
- Miuccia Prada (dall’omonima casa di moda),
- Giorgio Armani (noto stilista)
- Patrizio Bertelli (sempre Prada)
- Stefano Pessina (AD di Alliance Boots, colosso dell’industria farmaceutica)
- Silvio Berlusconi e famiglia (ogni commento è inutile)
- Paolo e Gianfelice Mario Rocca (proprietari della Techint, impegnata nella costruzione di grandi infrastrutture)
- Augusto e Giorgio Perfetti (Perfetti Van Melle, produttrice delle più note caramelle italiane, da Golia a Morositas, ai Chupa Chups)
- Renzo Rosso (proprietario del marchio di abbigliamento Diesel)
Sono nomi che non solo non conoscono crisi, ma che in questi anni hanno addirittura visto crescere i loro patrimoni.
E’ un’altra Italia, questa, che pur invecchiando anche lei, senza dubbio, lo fa con proverbiale egoismo, condizionando pesantemente le scelte della politica nazionale.
Il Capitano Renzi non azzarda quindi neanche l’ipotesi di una tassa patrimoniale, che redistribuisca la ricchezza accumulatasi in questo fazzoletto di territorio patrio, e la sottragga alla finanza spregiudicata ed a sempre nuovi paradisi fiscali.
Intanto la nave punta sugli scogli dell’austerity.
L’ARAN ci avvisa nel frattempo che in dieci anni andranno in pensione oltre un milione di dipendenti pubblici. Che fine farà l’economia reale che vive dei loro stipendi? A meno di un cambio radicale della politica economica comunitaria, che veda nuove assunzioni ed il rilancio dei servizi al cittadino, la lasceremo evaporare in cambio di impalpabili ed improbabili benefici per la finanza.
Una ipotetica riduzione della pressione fiscale in cambio di una certa, sistematica demolizione dei servizi.
La storia è un’ottima maestra, ma ha pessimi studenti. Saranno ancora una volta specchietti e collanine il prezzo pagato dai nuovi colonizzatori?
Foto di Enrico Paravani ©