Nel complesso cosmo dell’arte contemporanea capita spesso che realtà e finzione si confondano in un gioco di rimandi in cui è difficile distinguere l’elemento fantastico da ciò che è familiare e rassicurante.
Sul filo di questa ambiguità si muove la poetica di Anna Gaskell, artista americana che della messinscena ha fatto il suo strumento. I suoi lavori sono prevalentemente costituiti da fotografie e video realizzati con l’aiuto di attrici e l’allestimento di scene sofisticate e fittizie. Fanciulle inquiete, paesaggi incantati e antichi palazzi gotici, il mondo di questa artista è avvolto da una cupa coltre di mistero, tipica delle fiabe e dei racconti horror. In uno stile da fotografia narrativa le immagini di Gaskell presentano gli eventi in maniera simultanea senza una sequenza lineare, creando una sospensione di tempo che destabilizza lo spettatore. Ad aumentare il senso di scollamento dalla realtà contribuiscono le inquadrature. Fatta eccezione per alcuni ritratti in cui lo sguardo fisso e insistente di ragazze adolescenti mette inevitabilmente a disagio, l’identità delle figure che si muovono negli scenari dell’artista americana è volutamente celata. Gambe e braccia si stagliano in primo piano, mezzi busti sono ripresi solitamente in gruppo col volto nascosto. Emblematica è la foto “Untitled #64” della serie Proxy in cui ragazze vestite da infermiere sono inquadrate di spalle mentre fissano un cielo minaccioso.
Ad emergere nell’opera palesemente teatrale di Gaskell è il forte senso di turbamento interiore (“unheimlich” per dirla con la psicanalisi) che traspare da ogni scena. L’artista ci parla dell’adolescenza, di giochi tra l’ingenuo e il perverso, di una sessualità ambigua e non ancora definita.Le giovani protagoniste di questi racconti frammentari e pieni di tensione sono in preda ad uno stato confusionale. Appaiono aggressive , ma allo stesso tempo minacciate da un’oscura presenza, vivono l’ansia del passaggio tra fanciullezza e adolescenza immerse in un mondo che oscilla tra realtà e immaginazione.
A servirsi dell’elemento fantastico per scardinare le certezze del mondo reale c’è anche Pierre Huyghe, artista francese multidisciplinare che fa convivere arte, architettura e design. La carriera di Huyghe ha visto nascere i progetti più svariati e la collaborazione con numerosi altri artisti. Cercare di definire la sua opera in maniera lineare e logica è uno sforzo impraticabile.
Huyghe non segue modelli estetici predefiniti, piuttosto la sua specificità sta nella volontà di esplorare il mondo alla ricerca di nuove sensazioni.Nei suoi lavori prendono vita narrazioni infinite e la realtà non appare mai conclusa in sé ma in continua evoluzione. L’artista ha dichiarato :
“Il coefficiente fantastico presente in una situazione reale può essere intensificato e trasformato in un supplemento di realtà”.
Proprio questo “supplemento”costituisce il valore aggiunto dell’arte di Huyghe.
Tra le sue opere più immaginifiche vi è “Untilled” realizzata per Documenta 13. Si tratta della trasformazione di un brano del Karlsaue Park a Kassel che diventa un vero e proprio laboratorio di esperimenti fantascientifici. L’artista francese crea uno spazio di sospensione temporale in cui convivono piante di ogni specie , strani reperti, cani dall’aspetto singolare e una statua con il volto ricoperto da un alveare. Illusione e paesaggio si fondono insieme per dar vita ad un luogo mentale che esce fuori dal nostro immaginario per impossessarsi del mondo. Al centro di questo processo c’è il pubblico, esposto all’opera, che abbandona la condizione di semplice spettatore per essere testimone di uno spazio in cui la metamorfosi diventa protagonista e la realtà viene riletta attraverso le proprie proiezioni più intime e personali.
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