Ci sono talenti che si affermano a volte in modo così perentorio da lasciarci sgomenti. Quello di Ryan McGinley, classe ’77, si è imposto già da una decina d’anni in tutto il mondo grazie ad una carriera precocissima e ad una personalità artistica cristallina. Ad appena 23 anni è stato il più giovane fotografo ad esporre al Whitney Museum ed a pubblicare vari portfoli per il magazine del New York Times.
La chiave del suo successo è da ricercare indubbiamente in una miscela simultanea e quindi fortunata di fattori e sicuramente, tra questi, nella sua inconfondibile cifra stilistica molto personale e quasi dirompente.
Immagini nette, dal taglio compositivo pulito e studiato, dai cromatismi a volte vintage ma, molto più spesso, completamente pop. Luci artificiali in contesti naturali, oppure notturni stellati, ambienti assolati, scintille da fuochi di artificio, sfondi monocromatici quasi verniciati, oppure caverne, foreste, fiumi, deserti dalle tonalià esasperate e artificiali fanno da contorno ai suoi modelli. Uno spettro luminoso e cromatico così vario come lo sono gli effervescenti stati emozionali della sua giovane generazione che è la protoganista assoluta degli scatti. Un grido di affermazione spontaneo, scevro di inutili fronzoli poetici, per esprimere tutta la vitalità prorompente di teenager dal fisico asciutto e dall’aspetto un po’ dimesso come quelli che si possono pescare in certi ambienti urbani un po’ degradati. Giovani nudità corporali e caratteriali esposte senza filtri, dallo sguardo distaccato e superficiale ma del tutto vero. Corpi vitali immersi in contesti naturali ruvidi, forti, di grande personalità come solo certe locations americane possono avere. Sono tra i nudi più interessanti che mi sia capitato di vedere; così sfacciati eppure dotati di grande naturalezza perchè frutto di un incontenibile flusso energetico, fisico e comunicativo, tipico di quell’età.
Dirompente originalità a tanta ironia nel portfolio Animals, pubblicato sul suo sito internet: abbinamenti stralunati, cortocircuiti visivi, accostamenti improbabili. Cosa ci fa un lemure aggrappato ad un organo maschile? Eppure gli animali in questione, con la loro bizzarra presenza, sono protagonisti delle immagini dove il nudo umano assurge a contesto naturale, habitat interattivo, occasione ludica spontanea e divertente per sperimentare immagini.
Un talento folgorante soprattutto per la sua piena attualità. Testimone del suo tempo e della sua generazione, tanto da condizionare con il suo genio il rinnovamento di un linguaggio mediatico.