Nel 1966 esce Django di Sergio Corbucci… A distanza di quasi cinquant’anni Django Unchained di Quentin Tarantino, oltre al nome del protagonista poche altre sono le cose in comune.
La trama è apparentemente semplice: per un caso fortuito, uno schiavo “negro” incontra un uomo che gli insegna a sparare come un bounty killer e lo trasforma in un cacciatore di taglie. Da qui nasce la società tra i due e la ricerca della ricompensa per il protagonista, sua moglie, della quale ha perso le tracce da tempo.
Il film, quindi, racconta la storia di un uomo che uccide per ritrovare la sua Broomhilde (non dimentichiamoci di essere in America) e che cerca di risorgere dalle ceneri dello schiavismo (siamo sempre in America).
Detta cosi, sembra il classico film drammatico e nulla più, se non fosse che dietro la macchina da presa c’è Tarantino…
Lo ammetto, ero un po’ prevenuto prima di andare a vederlo, ma la Quentin Tarantino maniera non delude mai (o quasi). Western insolito, si distacca dai canoni comuni che hanno fatto la fortuna del genere: nonostante le innumerevoli citazioni (Tarantino sembra non poterne fare a meno), rapisce l’attenzione già alla prima scena.
Un film di oltre due ore che non annoia mai, con un’ottima colonna sonora e dove non mancano momenti divertenti. Tarantino non va per il sottile e, come consuetudine, il tema del razzismo, che aleggia in quasi tutti i suoi film, qui batte ogni aspettativa: la parola negro è ripetuta 110 volte e Spike Lee si è pure arrabbiato accusando Tarantino di razzismo, ma il razzismo è fortemente presente nella vita quotidiana degli americani, e Tarantino lo sa bene (è americano dopotutto), ponendosi dalla parte del debole smonta il terrore che incute il Ku Klux Klan con una scena divertentissima.
Come sempre pone grande attenzione alle musiche usando sia pezzi “moderni” che musiche dei classici di genere, rendendo il film più un action movie che un western, ma non deludendo lo spettatore grazie alle innumerevoli citazioni a personaggi realistici e ben delineati e ai lunghi racconti tipici dei suoi film. Non si smentisce neanche nella narrazione, garantendo sempre l’effetto sorpresa che tiene lo spettatore attento, in attesa di scoprire cosa accadrà dopo, un film pieno di dettagli importanti (è consigliabile una seconda visione soffermandosi proprio su questi ultimi). Ma la grandezza di questo film è che lo può vedere sia una giovane sedicenne ed apprezzarlo per determinati aspetti e vederlo un veterano del western godendo delle innumerevoli citazioni di genere.