Ecco un’altra mostra che merita davvero di essere visitata. Dopo il roboante passaggio nella capitale dell’evento mediatico Genesi, l’ultimo accattivante lavoro di Sebastião Salgado che prosegue il suo monumentale tour mondiale, Roma sta ospitando un’altra imperdibile occasione fotografica che può vantare più di un elemento di eccezionalità. Per la prima volta in assoluto nel mondo occidentale il fotografo giapponese Kazuyoshi Nomachi espone Le vie del Sacro, una mostra antologica, corposa e spettacolare, che costituisce un sunto della sua esperienza quarantennale in giro per il mondo alla ricerca di suggestioni sulla sacralità dell’esistenza quotidiana. Un’indagine sulla spiritualità della vita, attraverso gli esseri umani, le tradizioni ed il loro rapporto con la natura.
Fotografo di spicco del National Geographic, che infatti cura il catalogo della mostra, Nomachi nasce in Giappone nel 1946 e inizia la sua carriera come free-lance nel 1971 avviando un’interminabile sequenza di reportages negli angoli più suggestivi dell’Asia, del Sud America e dell’Africa. La sua attenzione, sobria e rispettosa, nei confronti delle varie religiosità al centro dei suoi lavori, gli annovera col tempo credenziali esclusive che gli consentono di essere introdotto in contesti privilegiati, come nel caso delle visite effettuate fra il 2004 e il 2008 nell’area di cultura tibetana o di quelle che lo hanno spinto alla scoperta delle terre del sacro Gange, dove nacque l’Induismo. A dir poco eccezionale l’opportunità avuta da Nomachi di fotografare a più riprese il grande pellegrinaggio annuale alla Mecca e a Medina che periodicamente concentra 2 milioni di persone, un lavoro che gli è valso il massimo risalto sulla prestigiosa testata con cui ha collaborato per decenni.
A contorno delle innumerevoli immagini incentrate su eventi umani più o meno significativi, una serie favolosa di paesaggi di una bellezza straordinaria. Uno stile perfettamente in linea con i canoni editoriali del National Geographic, soprattutto per l’uso delle ottiche “spinte”, grandangolari e teleobiettivi, così come per la valorizzazione del colore in tutta la sua potenza espressiva; un aspetto che se da un lato rischia di velare la sua opera di una certa convenzionalità stilistica (come avviene per tutti i prodotti del National) non pregiudica affatto i pregi del suo gigantesco lavoro in grado di comunicare intensità, profondità ed emozioni.
La mostra resterà aperta fino al 4 maggio ed è costituita da oltre 200 grandi stampe proposte in un apposito allestimento, originale e sorprendente, nei pressi del Monte Testaccio. Non fatevela sfuggire.