Al fine di comprendere meglio la differenza che esiste tra il nord europa e il sud in cui viviamo, occorre passare dall’idea che hanno questi popoli di protezione ambientale; comprendere la cultura urbanista progressista applicata sulla città allo scopo di integrarla nel suo territorio lasciando quella fascia di rispetto, se pur antropizzata, tra la stessa e la campagna coltivata.
È importante comprendere il rapporto che esiste tra la città e la campagna.
Solo studiando le relazioni, non antagonistiche come si credeva fino a poco tempo fa, che intercorrono tra queste due realtà è possibile rispondere a quelle molteplici funzioni senza le quali una città non sarebbe completa e la campagna altrettanto. Occorre rivedere gli schemi di sviluppo delle città, profondamente basati sul sistema piramidale e concentrico, teorizzando non più una crescita generale lungo le direttrici che dal centro portano fuori, ma una crescita qualitativa dell’organismo urbano che non lasci spazio ad ampie zone grigie, periferie programmate o spontanee, frutto di un disegno unitario che stabilisca priorità, punti di riferimento e qualità che tenga conto dei complessi rapporti umani; a questo proposito è utile considerare la riqualificazione delle aree urbane dismesse applicando il principio del consumo zero di suolo e incentivando così una rinnovata funzione, capace di attuare una trasformazione sociale che elimini il contrasto fra la città e la campagna con una armoniosa mescolanza di aspetti urbani e rurali, di aree costruite ed aperte, una fusione delle due realtà. Condizione necessaria e sufficiente è sviluppare tutto il potenziale rivoluzionario contenuto nelle concentrazioni urbane determinando l’abolizione di uno dei due termini di contrasto (città-campagna e centro-periferia) e conseguentemente intendere il termine residuo in modo del tutto diversi da quello attuale.
Preservare il patrimonio ambientale per il futuro è garantire uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Tutelare e promuovere l’ambiente significa offrire a tutti un futuro migliore, città sostenute e sostenibili saranno possibili solo arrestando il degrado quotidiano. Iniziamo con l’esigere il rispetto delle regole da parte delle grandi o piccole servitù che possono insistere sui nostri territori, perché le prescrizioni ambientali a seguito di AIA, VIA o convenzioni non rimangono mere illusioni ma tangibili risarcimenti alla nostra sopravvivenza.
Ad esempio quale sarebbe il valore che potremmo attribuire ad un’area boschiva? Rappresenta solo il legname che è possibile ricavarne oppure porta con se altri valori?
Il valore delle foreste va ben oltre quello di legname e di biomassa per il riscaldamento e la produzione di energia; oggi le foreste sono studiate e valutate per le loro capacità di fornire una enorme varietà di beni e servizi che influenzano l’intero ecosistema: la salvaguardia delle biodiversità, la cattura della CO2, la regolazione delle risorse idriche, il contenimento dell’erosione, l’infiltrazione delle acque e la funzione di ritenzione. Aumentare dunque la superficie forestale e, proteggere quella esistente, rappresenta l’opportunità più naturale attraverso la quale creare un valore di sostenibilità economica ambientale. Al prezzo attuale di una tonnellata di anidride carbonica sul mercato delle quote europee delle emissioni di gas serra (circa 8 euro a tonnellata), la capacità fissativa delle foreste italiane avrebbe un valore economico di 520 milioni di euro. Allora perché non contribuire ad aumentare questo valore economico costruendo corridoi ecologici, ambientali, archeologici e paesaggistici, che mettano in relazione le grandi componenti primarie (boschi, montagne) con quelle secondarie (parchi pubblici attrezzati e le aree verdi) all’interno dell’ambiente urbano, coadiuvando una maggiore permeabilità ed integrazione dei tessuti; investire in questa risorsa economica ci permetterebbe anche di creare nuovi posti di lavoro e mettere in sicurezza da rischi idrogeologici la già così fragile situazione territoriale.
I parchi pubblici e le aree verdi urbane da sole non possono soddisfare la maggior parte dei bisogni legati allo svago e al tempo libero, ma devono essere uniti a doppio filo (magari attraverso corridoi ciclabili e pedonabili) con entità maggiori presenti fuori le mura urbane, ove la compresenza di diversi ecosistemi – la fattoria, il campo di ginestre, l’area archeologica, l’alveo del fiume, la laguna, etc – ci ricordano il nostro legame con il passato e potrebbe indicare la propensione di un territorio di vocarsi ad una economia di mercato integrata col suo territorio.
Incide su qualsiasi ecosistema la tematica dei rifiuti, la loro produzione, il loro trattamento e lo smaltimento; la problematica inerente il processo di gestione dei rifiuti seppur abbia trovato un primo approccio organico nel Decreto Ronchi e poi nel DL 152/06 e s.m.i. che andava a recepire tre Direttive della C.E. che ponevano al centro della discussione il principio secondo il quale “chi inquina paga”, trova grosse difficoltà ad essere applicata dai nostri Comuni. La raccolta differenziata sola non serve se non è coniugata ad una educazione civica della popolazione fin dall’età pre scolare al riciclo e al riuso, in modo da formare futuri cittadini consapevoli. I motivi per cui deve essere messa al centro la raccolta differenziata sono diversi, ma quello economico è sicuramente il più apprezzabile; riciclando i costi di conferimento in discarica diminuiscono drasticamente e i rifiuti riciclati, con opportuni protocolli con i consorzi di filiera del riciclo, possono diventare una risorsa da vendere e quindi da porre come entrata nelle voci di un bilancio comunale.
L’Italia è un Paese in cui non esiste ancora alcuna strategia nazionale di riduzione delle emissioni di gas serra, né alcuno strumento legislativo per decarbonizzare l’Italia entro il 2050 nell’ambito della Road Map Europea. Non esiste una Strategia Energetica Nazionale che tenga conto della necessità di ridurre i consumi, con obiettivi al 2020 e al 2030, e di aumentare la percentuale di energia prodotta con fonti rinnovabili; non sono stati rivisti e adeguati i Piani di Azione su Rinnovabili ed Efficienza Energetica, dotandosi di obiettivi e strumenti più ambiziosi. E questi strumenti ci sono forniti dall’avanzamento tecnologico unito dalla semplice applicazione di Direttive Europee nonché di programmi comunitari espansivi: il Patto dei Sindaci è un’iniziativa lanciata dalla Commissione Europea che si pone l’obiettivo di coinvolgere le città europee nel percorso verso la sostenibilità energetica e ambientale attraverso finanziamenti che possano incentivare programmi di green economy a livello locale. Parliamo di un piano di solarizzazione fotovoltaica, termica ed eolica degli edifici pubblici, beneficiando delle tariffe incentivanti del Conto Energia; parliamo di redigere un Piano Energetico Comunale che favoriscano il risparmio energetico, la riduzione delle emissioni e l’utilizzo di una percentuale significativa di energia prodotta da fonti rinnovabili; attivare entrate finanziarie tramite la gestione attenta di Titoli di Efficienza Energetica; costituire Gruppi di Acquisto di Cittadini per incentivare vasti piani di solarizzazione fotovoltaica, termica ed eolica delle abitazioni private; favorire e incentivare, attraverso un’adeguata informazione e forme di convenzione con società specializzate, il censimento e la bonifica dell’amianto negli edifici pubblici e privati, avviando coerenti operazioni di bonifica; realizzare risparmi sulle spese dell’illuminazione pubblica adottando le nuove tecnologie disponibili e misure di razionalizzazione per sfruttare gli ampi margini di risparmio in questo ambito, fatte salve le condizioni di sicurezza dei cittadini. L’uso di combustibili non rinnovabili per la produzione di energia elettrica non risulta essere la strada migliore per uno sviluppo sostenibile, dove invece gioverebbero, viste anche le caratteristiche geografiche dell’Italia, l’utilizzo di fonti rinnovabili, quali il vento, il sole, e il mare (moto ondoso e maree) per la produzione di energia elettrica e termica, capaci di non compromettere le altre potenzialità.
Punto forte su cui possiamo soffermarci è la tutela del sistema delle acque di superficie e sotterranee, recuperando e monitorando le fonti dei corsi d’acqua non solo naturali ma anche artificiali presenti sul territorio, ai fini della verifica della idoneità delle acque ad essere utilizzate per la produzione di acqua potabile e della idoneità alla vita dei pesci; in molti comuni del nostro Paese, la mancanza d’acqua potabile o la presenza in esse di solfati, metalli pesanti o batteri è ancora un problema. Dobbiamo proteggere le acque marine costiere, il litorale e gli arenili, dalle speculazioni edilizie perché se l’Italia è il bel Paese, visto dal mare lo è ancora di più; aggiornare, monitorare e sviluppare un sistema delle acque reflue capace di raggiungere per intero una città e allo stesso tempo attraverso tecnologie migliorare il sistema di depurazione fino a raggiungere un incidenza di pressione ambientale bassissima e la loro immissione a mare la meno nociva possibile. Siamo una lingua di terra al centro del Mediterraneo e non possiamo, noi in prima persona, permettere di inquinare la fonte di sostentamento più longeva della storia, se non per il legame millenario, per l’enorme beneficio economico che ne ricaviamo. È importante in questa visione tutela la biodiverità del mare così variabile per la presenza di organismi viventi d’ogni tipo, provenienti da ecosistemi terrestri, marini e da altri ecosistemi acquatici, nonché dei complessi ecologici di cui fanno parte e allo stesso tempo la più suscettibile alle trasformazioni operate dall’uomo. Si pensi infatti, che il Mediterraneo è uno dei mari del pianeta maggiormente esposti alle attività antropiche e, nonostante le sue acque rappresentino meno dell’un percento delle acque del mondo, è esposto al quindici percento di tutto il traffico commerciale globale ed al trenta percento del traffico marittimo di idrocarburi.
L’Italia con oltre 7400 chilometri di costa ospita situazioni geomorfologiche assai complesse e diversificate che permettono la presenza e lo sviluppo di una varietà di ambienti diversi, caratteristica assai rara; la sfida odierna sta nel trovare il miglior sistema per la fruizione di queste aree – pesca e turismo sostenibile, riproduzione artificiale e tutela delle specie protette – e la loro conservazione per i posteri.
I – II
Foto di Enrico Paravani ©