Sandro Veronesi, (Prato – 1 aprile 1959), è uno scrittore italiano.
Sandro Veronesi recandosi di persona nei luoghi dove si sono svolti i fatti e raccogliendo le testimonianze non solo dei rappresentanti della legge ma anche dei parenti delle vittime e dei colpevoli ricostruisce e ci racconta quattro vicende umane e giudiziarie avvenute in quattro angoli del globo.
Sudan: l’attentato, messo in atto da un gruppo di palestinesi, all’Hotel Acropol dove morirono diverse persone sudanesi e occidentali. Condannati a morte vengono salvati dalla legge musulmana che prevede, in caso di perdono da parte dei parenti delle vittime, la commutazione della pena in un’ammenda calcolata in base alla gravità del reato.
Taiwan: il rapimento del figlio di un ricco imprenditore effettuato da tre ragazzi che pur avendo liberato l’ostaggio dopo il pagamento del riscatto, vengono condannati a morte, tramite fucilazione, con l’accusa di aver agito ai danni della collettività per l’ingente somma del riscatto richiesto.
Unione Sovietica: un ragazzo viene fermato in possesso di residuati bellici viene accusato, ingiustamente, di associazione a delinquere verso la patria e condannato a morte. Poco prima dell’esecuzione l’allora presidente, Gorbaciov, gli concede la grazia.
California: Un uomo viene condannato a morte per aver ucciso due adolescenti durante una rapina. Dopo 14 anni di rinvii, proteste e manifestazioni popolari per la sua grazia, l’uomo aveva problemi psichiatrici, la condanna viene eseguita.
Il libro è un’inchiesta giornalistica sulla pena di morte. Veronesi, grazie alla sua indubbia capacità di scrittura e alla sua sensibilità umana, riesce a coinvolgere empaticamente il lettore, sa trasmettere sapientemente i sentimenti provati, non solo dai parenti delle vittime ma anche dai parenti dei colpevoli, senza mai trascendere nel facile sentimentalismo. Alla fine della lettura le domande nella testa sono tante: come può uno Stato punire un crimine con un crimine che condanna? Se il concetto di occhio per occhio, dente per dente, nei tempi antichi serviva a porre un freno alle vendette private, può essere così anche oggi? Continua ad essere valido ORA? E’ necessario o è una legalizzazione della vendetta messa in atto per tenere in scacco l’opinione pubblica? E’ ancora valido il concetto; colpirne uno per educarne cento? La risposta è nelle nostre coscienze…
Foto di Enrico Paravani ©