Homo homini lupus
William Gerald Golding (Newquay, 19 settembre 1911-Perranarworthal, 19 giugno 1993), è stato uno scrittore britannico. Nel 1983 fu insignito del premio Nobel per la letteratura.
Il racconto è ambientato in un tempo impreciso sappiamo solo di trovarci nel bel mezzo di un conflitto mondiale.
Un aereo precipita in mare, l’unica salvezza è un’ isola poco lontano, gli unici sopravvissuti al disastro sono dei bambini di buona famiglia.
Inizialmente il gruppo troverà un modo di collaborare per sopravvivere e per far sì di essere ritrovati. Ralph e Piggy (in inglese: maialino) appena arrivati in spiaggia trovano una conchiglia che, usandola come corno, funge da richiamo per gli altri.
Una volta riunitisi istituiscono, su suggerimento di Ralph e Piggy, l’assemblea fondata sul turno di parola, chi tiene il mano la conchiglia ha diritto di parlare, un sistema quindi democratico, fondato sull’eguaglianza, la libertà e mirato alla coesione; si danno da fare per costruire ripari, tenere sempre acceso un fuoco per segnalare la loro presenza, procacciarsi il cibo.
Questa coesione durerà poco: Jack Merridew, il prototipo del bullo; arrogante, egoista e vanaglorioso, vuole diventare il leader, cerca di dimostrare la sua superiorità prima cacciando poi attraverso la violenza bruta e impressionando, con racconti superstiziosi e violenti, le menti dei bambini più piccoli.
Il gruppo si disgrega, Ralph e Piggy, si ritroveranno da soli a tentare di arginare la pazzia di Jack e del suo gruppo, fino al momento in cui qualcuno ci rimette la vita, proprio allora arriveranno i soccorsi, gli adulti. Anche se l’autore ci consegna un finale di speranza, non sembra esserci nessuna forma di pentimento o rinsavimento da parte di Jack e del suo gruppo per la spirale di violenza che avevano innescato, come a farci capire che ormai la crudeltà era ben radicata nei loro cuori.
Il signore delle mosche è un romanzo che analizza in maniera; puntuale, precisa a tratti spietata i rapporti umani. E’ anche un romanzo politico perché ci presenta modi di pensare, riferiti alla società, molto diversi tra loro. Sfata il mito del “Buon selvaggio” e ci fa capire come la natura umana spesso è un baratro di crudeltà e dà il suo peggio quando è accompagnata dall’innocenza. Lo vediamo ogni giorno, nella nostra vita, invece di collaborare tra noi per raggiungere un bene comune, di sentirci felici nella misura in cui lo sono anche gli altri, tendiamo a farci la guerra, soprattutto tra “poveri”, ci ritroviamo ad invidiare la persona che ha un abito firmato o che ha uno stipendio migliore del nostro o che occupa un posto migliore, l’invidia, si sa, porta al disprezzo e invece di migliorare le nostre condizioni tendiamo a denigrare l’altro. La violenza non è solo fatta di atti bruti ma anche di; parole, gesti, posture. I bambini, non fanno altro che seguire l’esempio, sono il germoglio delle atrocità di cui sono capaci gli adulti e solo se sappiamo, in tutta onestà, prendere coscienza di questo si può essere migliori. Io non voglio credere che:“L’uomo produce il male come le api producono il miele”.
Foto di Enrico Paravani ©