“Qual è la cosa più bella che hai mai imparato a scuola? Dall’inizio dai primissimi giorni.
Che il sole è una stella”
[L’Uomo che cade – Don DeLillo]
Ognuno di noi ad un certo punto della propria vita ha dovuto fare i conti con la Politica, intendendo qui con questo termine il caro concetto dell’”Arte di governare la società” a qualunque livello amministrativo.
Ci sono ovviamente dei distinguo da fare.
C’è chi ha iniziato ad interessarsi dell’organizzazione della propria società fin dalla più tenera età e il compimento dei 18 anni ha solo certificato legalmente l’acquisizione di un diritto della vita adulta.
C’è chi ha dovuto prendere atto di questo diritto appena compiuti i 18 anni e ha continuato a rispondere alle chiamate elettorali quasi fosse una scadenza da soddisfare. C’è chi pur compiendo la maggiore età si è disinteressato completamente alla faccenda.
Tra i partecipanti più o meno attivi, molti, anni fa, votavano per questo o quel partito. Molti hanno sempre preferito avere come faro una certa connotazione ideologica. Altri hanno applicato l’ideologia solo per le scelte a carattere nazionale preferendo poi esprimere le proprie preferenze a livello locale basandosi sulla conoscenza personale. Molti hanno smesso. Alcuni non hanno mai iniziato.
Ci sono poi quelli che hanno sempre espresso le preferenze in funzione delle proprie esigenze personali. I solipsisti politici.
Potrebbero esserci altre mille sfaccettature.
Sarebbe interessante sapere, in questo paese, in questa città, quanti sono quelli che, pur nei numerosi distinguo possibili, almeno per una volta nella vita, si sono chiesti se ciò che governa i loro orientamenti sia una formula scritta a penna su un manifesto immaginario attaccato alle mura della propria casa. Tipo in salotto e forse dietro il televisore. O di lato alla postazione del pc. Vicino allo specchio del bagno. Sul dorso del tubetto del dentifricio.
Sanno che il Sole è una stella. Ma sulla loro carta celeste non la trovano.
Quanti sono quelli che escono di casa e guardano in alto?
Foto di Enrico Paravani ©