“Adesso tocca a una nuova generazione, che però non farà a meno dell’esperienza dei più anziani”.
“Questa non è la fine della sinistra, noi stiamo solo cambiando il gruppo dirigente della sinistra. Noi non andiamo dall’altra parte del campo, noi stiamo solo cambiando giocatori”.
Queste sono le prime dichiarazioni del neo segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, pronunciate domenica sera pochi minuti dopo la certificazione della sua larga vittoria nelle consultazioni “primarie” del Partito.
Su Renzi è stato scritto e detto molto, dai suoi trascorsi televisivi sui canali Fininvest (come concorrente di un famoso gioco a premi) alla sua laurea in giurisprudenza con tesi su Giorgio La Pira, alle sue esperienze in politica (segretario provinciale del PPI nel 1999, coordinatore fiorentino nel 2001 e poi segretario regionale della Margherita nel 2003).
Tappandosi le orecchie e scorrendo la sua biografia, appare chiaro come Matteo Renzi sia espressione di una ideologia di centro che in Italia ha governato negli ultimi cinquanta anni, fatta salva l’anomalia berlusconiana, comunque assimilabile, per certi versi, ad un riflesso pavloviano dello status quo politico nazionale dell’immediato dopoguerra.
Matteo Renzi è, però, il “rottamatore”.
E’ indubbio che la grande forza propulsiva – da tarare con il riposizionamento dei potentati del partito all’interno dei numeri bulgari di queste primarie – gli derivi dai presupposti, per così dire, “rivoluzionari” di riconfigurazione degli equilibri di forza del movimento politico del quale fa parte.
Attenzione però: Renzi non ha mai detto, in questi anni in cui si è prodigato per farsi conoscere, di voler rivoluzionare il partito dal punto di vista sostanziale. Non dice di voler correggere il tiro dal punto di vista ideologico. Non promette uno spostamento a sinistra e, furbescamente, non ne paventa nemmeno uno verso il centro. Renzi ha sempre e solo detto, e le citazioni del discorso di ieri sono l’ennesima certificazione, di voler “cambiare giocatori”, non di voler cambiare gioco.
I quasi tre milioni di votanti per le primarie certificano la sua vittoria e anche il fatto che quasi il 70% di questi tre milioni di elettori si contentano di far manovrare il Partito Democratico ad un giovane, anche capace e intelligente, sicuramente molto ambizioso, che rottamerà la dirigenza, proporrà un programma politico del tutto simile al precedente tranne che per una strizzata d’occhio alle istanze cinquestellate sui costi e i privilegi della politica, e poi passerà una mano di vernice al tutto.
Perché, va bene rottamare, ma per rivoluzionare un partito servono le idee più che i giocatori.
Nel giro di pochi anni siamo passati dal dover cercare di “dire qualcosa di sinistra” al sentir dire che l’attuale partito di riferimento del centrosinistra italiano non si sposterà a destra.
Questioni relativistiche.
Il treno di Renzi, che poi è il PD con Renzi in sala macchine, è fermo al binario centrale della stazione. Siamo noi che ci stiamo spostando.
E io spero che siano pochi quelli che sono andati a votare il giovane Renzi, facendosi ingannare da questo effetto ottico.
Foto di Enrico Paravani ©