Politica: pancia e neurone. Da sempre le due cose hanno cozzato o viaggiato a braccetto, negli ultimi anni le passeggiate della coppia in questione sono state ordinarie, tanto che il neurone ha smesso anche di proferire parola, visto che ormai è la pancia della “Gente” quella che detta l’agenda politica.
Il populismo ha avuto la meglio, anche grazie alla pausa di riflessione (molto lunga a dirla proprio tutta) del “pensiero” e lo stomaco la fa da padrone, con tutti i suoi pro (pochi) e contro (in eccedenza).
Il populismo dopotutto non è poi così male, esprime un disagio primordiale che parte dalla base, un urlo che deflagra l’assoluto silenzio che da troppo tempo devasta il nostro scenario politico, e si sa le urla del tessuto sociale non vanno mai disprezzate né sminuite, sarebbe come tapparsi le orecchie di fronte ad una richiesta di aiuto in mezzo al mare da parte di un naufrago che non sa nuotare.
I problemi sorgono quando i Capipopolo cavalcano queste urla, in maniera molta grossolana e improvvisata, di solito questi “soggetti” tendono col proprio carisma ad usare il malessere generalizzato ad uso e consumo del proprio ego, che in questi casi assume caratteristiche dispotiche.
Il “Capo” ha sempre una qualità non indifferente, sa riconoscere la “Pancia” della gente come pochi, sa arringare la folla e la ammaestra come un animaletto domestico, però c’è un però, il Capo indiscusso in questione, deve essere in grado di elaborare e trasformare il malessere in azione, la famosa interdipendenza tra idea-azione, deve essere in grado di dare forma all’astratto disagio e proporre soluzioni adeguate.
In poche parole: “mandare a quel Paese” tutti, aizzando le piazze, è un gioco da ragazzi, basta un po’ di predisposizione al comando e un pizzico di carisma; a comprendere il malessere diffuso e convogliarlo in progetti e programmi condivisi e attuabili, non è cosa da tutti.
Questo è il problema dei problemi, il capopopolo invasato di turno, trasforma la folla in una massa di “incazzati” con tutto quello che ne consegue, rafforzando il potere nel pericolo autoritario che la storia, recente e remota, bene insegna.
Renzi, Grillo, i Forconi, la Lega, sono ottimi esempi di come il “Tutti a casa”, “Rottamiamoli”, “Roma ladrona”, ed altri slogan del genere, hanno incarnato e fatto proprio il dettame del buon Masaniello moderno dell’era digitale, sono bravissimi nell’arte del “Carichiamo”!
Quando poi c’è da scendere in piazza per diritti concreti, per dare risposte serie e programmatiche, su libertà individuali, situazioni delle carceri, immigrati, rifugiati, diritto alla casa, lavoro equo, ecco che le piazze si rivelano senza pulpito e senza predicatore principe ma si sa che certe questioni non portano voti al carniere, meglio defilarsi.
Ampliare gli spazi di libertà, progredire crescendo collettivamente, non avrà mai la totalità del consenso popolare e non potrà mai essere cavalcato da un narcisista di professione. Camillo Berneri, anarchico e filosofo, scriveva: “Anche fra noi vi è il volgo, difficile a fare orecchio nuovo a musica nuova, che ad impostazioni di problemi e a soluzioni oppone vaghi disegni utopistici e grossolane invettive demagogiche… Non temiamo quella parola revisionismo, che ci viene gettata contro dalla scandalizzata ortodossia, ché il verbo dei maestri è da conoscersi e da intendersi. Ma troppo rispettiamo i nostri maggiori, per porre costoro a Cerberi ringhiosi delle proprie teorie, quasi come ad arche sante, quasi come ai dogmi.”
Confutare, il mettere in discussione i “nuovi Savonarola” e anche ridimensionare la “Pancia” urlatrice, sarebbe il primo passo per una vera libertà da condividere.
Foto di Enrico Paravani ©