[heading style=”subheader”]La centrale di Torrevaldaliga Nord brucia carbone. L’energia chimica sprigionata dalla combustione genera calore che poi è utilizzato per formare il vapore, a partire dall’acqua presente ad alta pressione nellla caldaia. E’ il vapore infatti a far girare le turbine della centrale per cui TVN è una complessa macchina a vapore.[/heading]
Cosa è il carbone?
Il carbone è un combustibile fossile e in quanto tale fonte di energia non rinnovabile.
Cosa vuol dire “non rinnovabile”?
Risorsa non rinnovabile significa che la fonte di energia tende ad esaurirsi con il tempo dal momento che il tasso con la quale viene consumata è superiore al tasso con la quale i processi naturali tendono a ripristinarla; ovviamente il ripristino di fonti fossili avviene su scale temporali geologiche mentre il loro consumo avviene su scale temporali umane.
Il carbone è tutto uguale?
Il carbone tecnicamente è una roccia sedimentaria organogena formatasi durante il Carbonifero (circa 300 milioni di anni fa) grazie a processi chimici fisici e biologici su resti vegetali in ambiente anossico (con assenza o con poco ossigeno); tale processo di formazione è avvenuto principalmente in ambienti acquitrinosi o paludosi.
Il termine carbone descrive semplicisticamente una grande varietà di rocce diverse.
n linea generale i tipi di carbone vengono classificati in funzione del loro grado di “conversione” ovvero del grado di fossilizzazione che influisce sul contenuto totale di carbonio in % rispetto al peso totale.
La classificazione generale distingue: Torba (45-60% C), Lignite (60-75% C), Litantrace (72-92% C), Antracite (92-95% C). In base ad altri parametri di classificazione oltre a C (che è crescente nei gruppi suddetti) troviamo il potere calorifico (crescente da Torba a Antracite) oltre a Ossigeno (decrescente) Idrogeno (decrescente) Azoto (lievemente decrescente) sostanze volatili (decrescente) e umidità (decrescente). Altro aspetto importante è poi la % di ceneri, che per il carbone utilizzato a TVN dovrebbe essere di circa il 13% in peso e il contenuto di Zolfo che può variare tra lo 0.1% e il 6% in peso e che per il carbone utilizzato a TVN dovrebbe essere compreso entro valori prossimi all’1%.
Oltre a questi parametri il carbone è caratterizzato da tutta una serie di elementi in traccia (cioè presenti in percentuale, in peso, dell’ordine delle parti per milione). A questo gruppo appartengono praticamente tutti gli elementi della tavola periodica. Molto importanti in questo caso sono i così detti metalli pesanti con particolare riferimento all’arsenico (As), il mercurio (Hg), il nichel (Ni), il cromo (Cr), il vanadio (V) etc.
Le emissioni di una centrale a carbone
Le emissioni al camino di una centrale a carbone come TVN possono essere semplicisticamente suddivise in due gruppi: macroinquinanti (Sox, Nox e le polveri) e microinquinanti (tra gli altri tutti i metalli pesanti).
Da notare che le quantità massiche emesse corrispondono ai contenuti medi già presenti nel carbone e questo è il motivo per il quale i macroinquinanti vengono chiamati così (macro perché le quantità massiche emesse sono maggiori). I microinquinanti come masse emesse sono di gran lunga inferiori. Dal punto di vista dell’inquinamento tuttavia il discorso è più complesso dal momento che tra i microinquinanti figurano alcuni elementi che sono, anche a concentrazioni molto basse, molto tossici per gli ecosistemi e l’uomo in particolare arsenico e mercurio.
Tutte queste tipologie di inquinanti vengono emesse dopo che i fumi sono stati depurati dai sistemi di abbattimento, dal camino di TVN. In linea generale la forma di emissione è di due tipi: elementi associati a particolato (di varie dimensioni) ed elementi emessi allo stato valoreo allo stato gassoso. Gli ossidi di zolfo emessi sono l’anidride solforosa (SO2) e l’anidride solforica (SO3); questi composti vengono anche indicati con il termine comune SOx e escono dal camino in forma gassosa così come escono in forma gassosa gli ossidi di Azoto. Le polveri invece sono emissioni pulviscolari (con granulometrie di varie dimensioni) e come tali presentano un gradiente di distribuzione spaziale, a partire dal punto di emissione, che è funzione della dimensione dei granuli. Le particelle più grandi tenderanno a depositare nell’intorno della centrale o comunque a livello locale mentre le particelle più piccole tenderanno a rimanere in sospensione in atmosfera più a lungo e quindi finiranno per depositare più lontano dalla sorgente di emissione. Sia le emissioni gassose che quelle pulviscolari sono influenzate poi dalle condizioni meteorologiche in atto al momento dell’emissione; in questo senso il vento e le precipitazioni giocano un ruolo fondamentale per i processi di fallout (precipitazione delle particelle al suolo o direttamente a mare) e di dispersione dei macroinquinanti.
Il monitoraggio delle emissioni
Qualsiasi sostanza emessa in atmosfera da una centrale a carbone (con un distinguo per i metalli allo stato valore di cui si dovrebbe parlare a parte), finisce prima o poi per ricadere al suolo o direttamente in mare a causa del processo di fallout. Il fallout è infatti la ricaduta di particelle e particolato di varie dimensioni al suolo o in mare sia in forma “secca” sia in forma “umida” cioè in associazione alle pioggia. In generale il fallout umido presenta dei tassi di deposizione (quantità di un certo elemento che precipita in un dato tempo) maggiori rispetto al semplice fallout secco. Sia le precipitazioni secche che quelle umide, oltre che direttamente in mare, finiscono per depositarsi al suolo, nel contesto urbano e in campagna nell’intorno (locale o persino regionale) rispetto al fonte di emissione. Le deposizioni a scala regionale interessano i bacini idrografici (i fiumi) presenti in prossimità della fonte emissiva; ciò che deposita si associa al suolo che viene poi dilavato dalla pioggia e finisce per andare a costituire il sedimento trasportato dal fiume. Il recettore ultimo di questo sedimento fluviale (che nel nostro schema comprende anche gli elementi caduti per fallout e derivanti dalle emissioni atmosferiche) è comunque sempre il mare. In questo senso nel tempo i sedimenti fluviali che si accumulano al fondo del mare (in particolare quelli un po’ più distanti da riva ovvero quelli con granuli più fini) finiscono per REGISTRARE le varie concentrazioni dei vari elementi che sono precipitati dall’atmosfera. Il problema fondamentale e la complessità maggiore è in definitiva quella di DISCRIMINARE nelle concentrazioni misurabili nei sedimenti marini dei vari elementi di interesse (come i metalli pesanti) le quantità che costituiscono il normale apporto del territorio dalle quantità invece che costituiscono arricchimento supplementare dovuto all’inquinamento. Rimane comunque assodato che lo studio dei sedimenti marini e del suolo in generale rappresenti un approccio ben più efficace alla comprensione delle dinamiche dell’inquinamento atmosferico (soprattutto in termini di confronto tra varie fasi temporali anche a carattere decennale) rispetto alle semplici misure attraverso centraline, a prescindere dal numero delle stazioni di misura utilizzate.
Va considerato inoltre che il numero delle centraline presenti sul territorio, in particolare quelle a diretta gestione dell’Oss. Ambientale Intercomunale, risulta con tutta probabilità eccessivo, dato che nulla aggiungono alla copertura garantita dall’ARPA. Avere 4 centraline per l’aria o 15 è del tutto ininfluente considerando l’altissima variabilità dei parametri misurati in atmosfera.
Il contesto geochimico di Civitavecchia
Dal punto di vista del contesto geochimico di Civitavecchia, attraverso l’analisi delle concentrazioni di alcuni elementi nei sedimenti marini della nostra costa emerge in particolare che il comprensorio di Civitavecchia è caratterizzato da due evidenti anomalie di concentrazione di Mercurio e Arsenico. Tali anomalie, riconducibili a cause naturali, rappresentano tuttavia una difficoltà supplementare da affrontare per poter discriminare l’effettiva influenza dell’eventuale arricchimento di alcuni elementi (con particolare attenzione a Hg e As dato che sono i più pericolosi) causato da attività antropiche e in particolare dalle eventuali emissioni riconducibili alla centrale a carbone.
Civitavecchia quindi, risulta un territorio sfortunato, non solo perché subisce da 60 anni un impatto industriale non indifferente; ma anche perché pur considerando una situazione di naturalità, la popolazione è caratterizzata con ogni probabilità da una esposizione ad alcuni elementi tossici che è superiore alla media nazionale e mondiale. Questa situazione tende a sovrapporsi alle emissioni inquinanti ed è assai difficile riuscire a quantificare gli apporti distinguendo le singole sorgenti di emissione. Certo è che, in tutta evidenza, sarebbe stato opportuno tener conto di queste cose nella fase decisionale della riconversione di TVN.
Perché il carbone attrae i produttori di energia elettrica?
Il carbone è ad oggi il combustibile non rinnovabile a più basso costo sul mercato(1). La produzione di energia elettrica dal carbone è pertanto caratterizzata dai maggiori margini di ricavo per i produttori, che sostengono in minima parte gli elevati costi ambientali di tale forma di produzione.
La costruzione di impianti di grossa taglia, alimentati a carbone, consente inoltre ai produttori di accentrare la produzione in un numero ridotto di stabilimenti, riducendo anche i costi di gestione, il numero delle maestranze adoperate, l’ammontare delle compensazioni ambientali da assegnare alle amministrazioni locali.
L’effetto finale di questa politica è che, a fronte di maggiori ricavi per il produttore, aumenta anche la “disuguaglianza ambientale” subita dalle popolazioni residenti nei territori limitrofi all’impianto. Tale disuguaglianza misura la differenza nella qualità di vita percepita e nei livelli di salute tra la popolazione residente nei territori asserviti alla produzione rispetto a quella della restante popolazione del Paese.
7 Comments
unchimico
16/09/2013 at 14:24Avrei una domanda: i dati riguardanti la concentrazione dei metalli pesanti nel territorio del comune di Civitavecchia sono accessibili dalla rete? Chi ha condotte le analisi?
Ringrazio anticipatamente.
unodipassaggio
16/09/2013 at 15:48Gli studi del CNEN fin dagli anni 70, in particolare Anselmi et al 1979, Brondi et al 1983. Per la geochimica marina Baldi e Bargagli 1982. Ulteriore materiale per la geologia del lazio settentrionale (termalismo e arsenico). Segue bibliografia completa a breve che ora sono da cellulare.
unchimico
17/09/2013 at 14:22Aspetto le bibliografia completa, per il momento vi ringrazio per la disponibilità.
Sergio Scanu
18/09/2013 at 08:55Caro Massimo M. magari posta con il tuo nome. Comunque la bibliografia la riporto qui come commento e in seguito sarà integrata negli articoli.
Anselmi B., Brondi A., Ferretti O., Rabottino L. (1976). Studio mineralogico e sedimentologico della costa compresa fra Ansedonia e la foce del fiume Mignone. Rendiconti, vol. XXXII (1), pp. 311-348.
Baldi F., Bargagli R. (1984). Mercury pollution in marine sediments near a chlor-alkali plant: distribution and availability of the metal. The science of the total environment 39 pp.15-26
Baldi F., D’Amato M.L. (1986). Mercury pollution in marine sediment cores near cinnabar deposits and a chlor.alkali plant. The science of the total environment 57 pp. 111-120
Barghigiani C., Ristori T., Lopez Arenas J. (1996). Mercury in marine sediment from a contaminated area of the northern Tyrrhenian sea: < 20 μm grain size fraction and total sample analysis. The science of the total environment 192 pp.63-73
Bignami F., Manzella G.M.R, Salusti E., Sparnocchia S. (1996). Circolazione delle acque. In: Il Mare del Lazio. Elementi di oceanografia fisica e chimica, biologia e geologia marina, clima meteomarino, dinamica dei sedimenti ed apporti continentali. Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – Regione Lazio, Assessorato Opere e Reti di Servizi e Mobilità, pp. 1-22.
Branca, M.E., Calderoni G., Petrone, V. (1996). Geochimica dei sedimenti. In: Il Mare del Lazio, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – Regione Lazio, Assessorato Opere e Reti di Servizi e Mobilità, pp.109-135.
Brondi A., Di Maio A., Marcelli M. (2008). Principi logici per il monitoraggio dell'ambiente costiero. Geologia dell'Ambiente 2 pp.19-35
Chiocci F.L., La Monica G.B. (1996) – Analisi sismostratigrafica della piattaforma continentale. In: Il Mare del Lazio: Elementi di oceanografia fisica e chimica, biologia e geologia marina, clima meteomarino, dinamica dei sedimenti ed apporti continentali. Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – Regione Lazio, Assessorato Opere e Reti di Servizi e Mobilità, pp. 40-61.
Dall’Aglio M., Ferretti O., Manfredi Fattarelli F., Niccolai I. (2001). The link between continental and marine geochemistry as shown by Mercury and Arsenic anomalies in sediments from Southern Tuscany and Tyrrhenian Sea. Mediterranean Ecosystem: Structures and Processes, chap. 55.
Di Leonardo R., Tranchida G., Bellanca A., Neri R., Angelone M., Mazzola S. (2006). Mercury levels in sediments of central Mediterranean Sea: A 150+ year record from box-cores recovered in the Strait of Sicily. Chemosphere 65 pp.2366-2376
La Monica G. B., Raffi R. (1996). Morfologia e sedimentologia della spiaggia e della piattaforma continentale interna. In: Il Mare del Lazio. Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Regione Lazio Assessorato Opere e Reti di Servizi e Mobilità pp. 62-105.
Leoni L., Sartori F. (1997). Heavy metal and Arsenic distributions in sediments of the Elba-Argentario basin, southern Tuscany, Italy. Environmental Geology 32 pp. 83-91
Leoni.L, Sartori F. (1996). Heavy metals and Arsenic in sediments from the continental shelf of the Northern Tyrrenian/eastern Ligurian seas. Marine Environmental Research Vol. 41 No.1 pp. 73-98
Maggi C., Nonnis O., Paganelli D., Tersigni S., Gabellini M. (2009). Heavy metal distribution in the relict sand deposits of the Latium continental shelf (Tyrrhenian Sea, Italy). Journal of Coastal Research 56, pp. 1237-1241
Paolocci P., Siniscalchi C. (1996). Valutazione del trasporto solido di fondo alla foce dei corsi d'acqua. In: Il Mare del Lazio. Elementi di oceanografia fisica e chimica, biologia e geologia marina, clima meteomarino, dinamica dei sedimenti ed apporti continentali. Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – Regione Lazio, Assessorato Opere e Reti di Servizi e Mobilità, pp. 262-279.
Scanu S. (2011). Geocronologia (210Pb) dei sedimenti recenti della piattaforma costiera del Lazio settentrionale: stima del rateo di accumulo sedimentario e distribuzione spaziale e temporale delle concentrazioni di alcuni metalli in traccia (As, Hg, Pb, Al e Zn). Dottorato Ecologia e Gestione Risorse Biologiche Ciclo XXIII Università degli Studi della Tuscia
unchimico
18/09/2013 at 16:09Grazie per la bibliografia. Mi dispiace ma non sono chi crediate io sia, sono uno studente civitavecchiese di chimica industriale all’ultimo anno di specialistica e sono semplicemente curioso di sapere che tipo di analisi sono state condotte sul territorio. Preparando un elaborato per un esame di Monitoraggio Ambientale e cercando dati del genere, in particolare sui microinquinanti, non ho riscontrato sufficiente “trasparenza” da parte degli enti predisposti, perciò vi ringrazio per le informazioni utili.
Da laureando in una materia come la mia vi consiglio di aggiungere sempre la bibliografia, in tal modo avrete sempre un riscontro scientifico.
Ancora Grazie e complimenti per il servizio che state svolgendo!
Sergio Scanu
18/09/2013 at 19:34entra nel gruppo Facebook Senza Paura in nome del popolo sovrano e contatta Francesco Fortunato e ti faccio avere il materiale personalmente. Alternativamente vieni sabato dalle 11 di mattina o Domenica e chiedi al gazebo di SenzaPaura. Mi impegno a darti le informazioni che chiedi. P.S. usa il tuo nome.
Sergio Scanu
18/09/2013 at 19:36Il gazebo è alla madonnina sabato e domenica