[heading style=”subheader”]Progresso & sviluppo: sinonimi o contrari?[/heading]
“Ci sono due parole che ritornano frequentemente nei nostri discorsi: anzi, sono le parole chiave dei nostri discorsi.Queste due parole sono “sviluppo” e “progresso”. Sono due sinonimi? O, se non sono due sinonimi, indicano due momenti diversi di uno stesso fenomeno? Oppure indicano due fenomeni diversi che però si integrano necessariamente fra di loro? Oppure, ancora, indicano due fenomeni solo parzialmente analoghi e sincronici? Infine; indicano due fenomeni “opposti” fra di loro, che solo apparentemente coincidono e si integrano? Bisogna assolutamente chiarire il senso di queste due parole e il loro rapporto, se vogliamo capirci in una discussione che riguarda molto da vicino la nostra vita anche quotidiana e fisica.”
[Pier Paolo Pasolini – Scritti Corsari]
Pasolini, con la consueta capacità previsionale tipica dei grandi intellettuali, già decenni fa si interrogava sul significato dei termini “sviluppo” e “progresso”.
Egli individuava chiaramente la genesi borghese (di “destra”) del concetto di “sviluppo” come intimamente correlato all’aspetto economico dipendente dalla visione individualistica del profitto.
Al contrario il “progresso” veniva definito “una nozione ideale (sociale e politica)” tipica dell’impostazione di sinistra, quindi slegata dalle conseguenze consumistiche, dalla soddisfazione di bisogni superflui immediati e innestata in un quadro generale basato sui concetti di uguaglianza e di collettività.
Molto tempo è passato dalle riflessioni di Pasolini e tuttavia il dibattito sulla definizione di questi due concetti non si è impoverito; anzi crediamo ci siano, allo stato attuale, degli spunti di riflessione aggiuntivi.
La sinistra italiana, dalle macerie dell’ideologia comunista, ha subito un processo di normalizzazione che ha inglobato alcuni suoi elementi fondanti all’interno del quadro di azione tipico del capitalismo “borghese”. Questo quadro di azione è fondato sul concetto dello “sviluppo”. La sinistra italiana quindi, almeno nella sua espressione elettoralmente di maggior seguito (il Partito Democratico), ha deciso di scendere nello stesso campo di gioco della destra storica. Ed ha iniziato, da quel momento, a perdere le sue connotazioni peculiari. Tra queste ha di fatto deciso di abbandonare l’impostazione progressista.
La cosa appare ancora più grave se si considera che oggi la nozione di “progresso” si è arricchita di elementi concettuali molto importanti; tali elementi che in parte si sovrappongono alle istanze che ormai da tempo vengono portate avanti (con risultati non certo entusiasmanti) dai movimenti così detti “ambientalisti”, ci pare siano definitivamente degni di connotazione “ideologica”. Il vero ambientalismo è ideologico e implica la contrapposizione tra la visione “progressista” del mondo rispetto alla visione individualistica dello “sviluppo”. E qui veniamo al nostro cortile di casa.
Civitavecchia, nell’anno del Signore 2013, conta circa il 40% di disoccupazione e rappresenta un esempio di scuola di come, in 60 anni, le varie attività industriali presenti abbiano influenzato in maniera decisiva la vita economica e sociale di una comunità.
Come è possibile che una città che vede la presenza di uno dei porti più importanti del Mediterraneo e di uno dei poli energetici più importanti d’Europa sia piagata da livelli di disoccupazione degni del meridione d’Italia nell’immediato dopoguerra?
Come è possibile che una realtà come il Porto di Civitavecchia, che riceve finanziamenti per miliardi di euro, che movimenta milioni di passeggeri con le crociere e che vorrebbe espandere le attività di traffico merci insista su un contesto tanto desolante?
Se il porto chiudesse domani a Civitavecchia avremmo l’80% di disoccupati? E se chiudessero domani le centrali di TVN e TVS, considerando i relativi indotti, la disoccupazione arriverebbe, per somma, a valori prossimi al 100%?
E’ evidente che in tutti questi anni di servitù industriale la città ha perso definitivamente la sua identità. E, ci pare di constatare, la colpa di questo stato di cose deve essere ricondotta alla visione “sviluppista” dell’economia e della società civitavecchiese.
La strada maestra, per cercare di invertire la rotta, giace su luoghi poco frequentati. Luoghi che non si caratterizzano solo per le istanze ambientaliste. Luoghi che non portano al facile compromesso dello “sviluppo sostenibile”. Luoghi dai quali il panorama all’orizzonte assume la forma del “progresso”. Perché le parole contano, soprattutto quando sono utili alla comprensione della realtà nella quale viviamo tutti i giorni.
Questo ci porta inevitabilmente a rifiutare qualsiasi tipo di compromesso con chi prospetta ulteriori spunti di “sviluppo” per l’economia e la società cittadina. Non è più tempo di “sviluppo”. Non c’è più niente da spremere qui.
Da oggi giochiamo su un altro campo di gara.
Foto di Enrico Paravani©
1 Comment
Luciano Damiani
18/09/2013 at 19:22La strada maestra sta nell’opera di chi ha ruolo e capacità di formare le coscienze in una sorta di rivoluzione culturale capace di far capire cosa sia vero sviluppo e vero progresso.