Vienna, 1968, stazione Westbahnhof.
Un uomo entra nella cabina delle foto automatiche e, protetto dalla condizione di completo isolamento, comincia a mimare una serie di smorfie.
Spasmi e contorcimenti deformano il suo volto, teso nel gesto di un’espressione sofferta. Chi c’è di fronte all’obiettivo, abbandonato in posture scomposte e indecenti? Un folle ? Un burlone ?
Niente affatto. Si è appena svolta una performance artistica e l’uomo in questione non è altri che Arnulf Rainer, esponente di spicco dell’azionismo viennese. I suoi autoritratti fotografici saranno in seguito rielaborati con violente sovrapitture (ubermalungen) enfatizzando la dinamica e la mimica facciali, e presentati alla quinta edizione di “documenta” col titolo Face Farces.
Cambio di fronte.
1975, l’artista tedesca Annegret Soltau si appresta a realizzare la sua opera più significativa: Selbst (Sé).
Gli strumenti a disposizione sono: la macchina fotografica, un lunghissimo filo nero e poi il suo corpo, nudo e vulnerabile.
Al centro dell’opera nuovamente il volto, fotografato in una serie di pose mentre viene progressivamente avvolto dal filo fin quasi a scomparire in un bozzolo.
I tratti del viso lentamente si deformano, la carne viene incisa e, scatto dopo scatto, l’artista si trasforma in una mummia.
L’azione finale della performance consiste nella liberazione dalla rete. Un paio di forbici riportano alla luce il volto dell’artista, lasciando cadere la matassa inanimata come un insetto morto.
Arnulf Rainer e Annegret Soltau, due artisti che manipolano il proprio corpo per spingersi oltre i limiti della fisicità, alla ricerca dell’Io, della propria identità.
Sovrascrivono la loro immagine, con il segno e con il filo, e la deformano per rivelarne la condizione esistenziale.
Al centro della loro poetica c’è l’uomo e la sua potenzialità espressiva.
Il corpo e il volto, in particolare, vengono indagati senza tregua, fino allo sfinimento, all’abbrutimento, al ghigno di Francis Bacon.
Per conoscerli meglio: