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Il “Sacro Fuoco” dei rifiuti
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Il “Sacro Fuoco” dei rifiuti

8 Ottobre, 2013 Fulvio Floccari Ambiente, Ambiente e cultura, Approfondimenti, Politica e attualità 0 comments

#Terzastrada vi ha anticipato la notizia dell’avvio del traffico di combustibile da rifiuti tra la Capitale e l’isola di Maiorca, una delle Baleari. Approfondiamo oggi la nostra conoscenza dell’impianto di Son Reus, l’inceneritore oggetto del traffico.

Ci sia consentito di parafrasare Antonio Gramsci nel dire infatti che la Storia è sempre un’ottima maestra, a patto che nei suoi confronti ci si comporti da buoni scolari.

L’impianto è di proprietà della TIRME SPA, il cui principale azionista è il gruppo italiano ENEL  con una quota pari al 40% (il restante pacchetto azionario risulta così distribuito ad altri colossi dell’energia “verde”: 20% Urbaser, 20% Iberdrola, 20% FCC ).

Le organizzazioni ambientaliste e gli operatori sanitari indicano l’inceneritore di Son Reus come uno dei punti critici del Mediterraneo per l’inquinamento. Le caldaie di Son Reus hanno infatti una capacità di  700.000 tonnellate di rifiuti/anno, a fronte di una produzione complessiva delle isole Baleari di circa 400.000 tonnellate/anno. L’impianto non riesce a lavorare a pieno regime e questo comporta delle perdite economiche per i proprietari.

La stima, operata dalla politica spagnola, di una crescita senza limiti del tasso di produzione dei rifiuti si è rivelata infatti totalmente sovradimensionata ed oggi il concessionario TIRME minaccia pertanto di aumentare i prezzi di incenerimento per recuperare l’investimento di realizzazione e gestione dell’impianto. Paradossalmente i cittadini di Maiorca si troverebbero pertanto oggi a pagare una tassa sui rifiuti particolarmente esosa, proprio perché si è autorizzato un inceneritore sovradimensionato alle esigenze.

La soluzione proposta dalla politica spagnola è stata quindi quella di importare immondizia dall’estero per compensare le restanti 300.000 tonnellate/anno mancanti. Questo fatto, oltre ad essere economicamente inefficiente, è aberrante per l’ambiente. Se da una parte è infatti paradossale che i cittadini vengano infatti puniti perchè riescono virtuosamente a ridurre la produzione di rifiuti anziché incrementarla, dall’altra si aggiungono ai costi ambientali di incenerimento dei rifiuti anche quelli di trasporto per migliaia e migliaia di chilometri (oltre all’ulteriore sperpero di preziose risorse fossili).

I responsabili politici non solo insistono a chiamare i rifiuti “combustibile”, ma si avventurano anche a trattare l’energia così prodotta come energia da fonti rinnovabili, con relativi certificati verdi ed incentivi governativi. Tuttavia,  solidi studi scientifici dimostrano come i furani e le diossine prodotte dall’incenerimento dei rifiuti abbiano pesanti ricadute sulla salute dei cittadini che risiedono nei dintorni degli inceneritori.

Son Reus è ad oggi il più grande inceneritore del Sud Europa, tanto che la stessa Greenpeace ha lanciato una campagna di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica contro l’impianto.

Non ultima “perla” di questo affare è poi, come per la combustione del carbone, il business delle ceneri.

La cenere ottenuta dal processo di incenerimento, un vero concentrato di inquinanti, diviene preda degli appetiti delle imprese di costruzione, in quanto ne è autorizzato l’utilizzo come materiale inerte per la realizzazione di asfalti, laterizi, cemento.

Un modo “elegante” di nascondere le polveri sotto il tappeto, generando un’altra minaccia invisibile ai cittadini (tra l’altro già autorizzato anche per la “nostra” centrale ENEL).

Foto di Enrico Paravani©

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