I grandi nomi della fotografia hanno cambiato la storia di questa nobile arte per la loro sensibilità e per la loro tecnica, spesso innovativa e talvolta unica. Qualcuno è rimasto nella memoria collettiva grazie a poche, indimenticabili immagini ed in qualche raro caso ne è bastata una sola. Altri si sono imposti per uno stile così inconfondibile da diventare un marchio di fabbrica sempre alla moda. Alcuni hanno fotografato sempre le stesse cose ma lo hanno fatto meglio di chiunque altro, affermandosi in modo esclusivo in un preciso ambito di specializzazione.
Ma ci sono poche personalità che hanno cambiato il corso degli eventi grazie ad un talento così completo da superare qualunque possibile barriera di stile, di tecnica e di genere; gente che ha lasciato un’eredità fatta di innovazione totale, vero spartiacque epocale cui non è stato più possibile prescindere. Come Leonardo da Vinci o, in tempi molto più recenti, il regista Stanley Kubrick.
Ernst Haas (1921-1986), con le dovute proporzioni, ha letteralmente condizionato la storia della fotografia. Impressiona la trasversale completezza della sua opera davvero unica. Haas si è dedicato al paesaggio, all’architettura, al reportage, al ritratto, per non parlare di nature morte, di moda e di molto altro, imponendosi sempre per il suo stile personale e influenzando quello degli altri negli anni a seguire. Un impatto dirompente amplificato dalle sue celebri intuizioni che hanno innovato la tecnica fotografica nobilitando ciò che fino a quel momento non era affatto comune: fu il primo a valorizzare l’effetto mosso legittimando artisticamente un tipo di ripresa dai contenuti espressivi fortemente emozionali, fino a quel momento sottovalutata, facendone un tratto distintivo della propria cifra stilistica. Così come fu tra i primi a cavalcare l’avvento del colore con convizione profonda e vocazione vera, tanto da farne elemento fondante del proprio modo di esprimersi. Per lui il colore fu una reale liberazione; la sensibilità di Haas in tal senso aveva origini lontane perché da giovane aveva avuto ambizioni di pittore che furono stroncate precocemente dalla guerra senza che vi fosse alcun seguito. Ma la sua non era una predilezione, concepiva infatti colore e b/n come due differenti discipline del linguaggio fotografico che aveva l’ambizione di gestire con la massima elasticità a seconda delle esigenze.
Le sue fotografie sono memorabili per il taglio aggressivo e personalissimo: ogni scatto è campo d’azione per un formidabile equilibrio di forze che si sostengono sul piano geometrico, cromatico e luminoso e che Haas riconduceva al rigore assoluto di una impostazione compositiva sempre elegante. Haas era avanti: tanto da rimanere indigesto in gioventù a qualche ingessato ambiente accademico impreparato ad accogliere il suo stile troppo trasgressivo che oggi, invece, risulta ancora modernissimo. Destino dei grandi: guardare molto avanti per essere guardati, poi, da chi viene dopo.