Charles John Huffman Dickens ( Portsmouth 7 febbraio 1812 – Gadshill 9 giugno 1870) è stato scrittore, giornalista e reporter britannico.
Vi è una fondamentale spietatezza dietro il suo stile traboccante di sentimentalismo. (Franz Kafka a proposito di Charles Dickens).
A 5 anni, Charles Dickens, fu mandato a lavorare in una fabbrica di lucido per scarpe, per poter aiutare suo padre a pagare i debiti, fu sfruttato e maltrattato. Non dimenticò mai gli abusi subiti. Questa esperienza gli fece sviluppare una particolare sensibilità nei confronti dei deboli la cui difesa fu sempre il centro della sua vita e della sua opera.
La storia la conosciamo tutti. Il protagonista è Ebenezer Scrooge (in inglese Tirchio), un avido e arido finanziere talmente attaccato al denaro da non spendere nulla, nemmeno per sé. Considera il Natale una perdita di tempo perché dovrà concedere un giorno di riposo, pagato, ai suoi dipendenti. Il giorno di Natale verrà visitato da tre spiriti, il Natale del passato, del presente e del futuro, i quali gli mostrano quanto è e quanto sarà misera la sua vita. Spaventato a morte dalle visioni Scrooge cambierà radicalmente e troverà la sua pace interiore.
In questo romanzo Dickens fonde fiaba, romanzo gotico e satira, grazie alla morale e alla semplice simbolicità e ai personaggi che sono caricature grottesche. E’ anche una commovente critica sociale unita alla lotta alla povertà e allo sfruttamento minorile e un attacco all’analfabetismo del suo tempo, purtroppo anche del nostro, in fondo le cose non sono tanto cambiate, come allora anche noi viviamo di “tappabuchi” inefficaci ideati da chi non ha la più pallida idea di cosa voglia dire “vivere” con stipendi inadeguati al costo della vita. Ma, una volta aperti gli occhi, sì può sempre rimediare, sì può veramente fare qualcosa con e per gli altri… Senza aspettare che fantasmi passati e futuri vengano a “tirarci i piedi”.
3 Comments
paola angeloni
22/12/2013 at 16:01Mi prende una sottile rabbia nel vedere Dickens, con il canto di Natale, tutti abbiamo amato Kafka e lo strisciante simbolismo che ci faceva sentire insetti, ma il canto di Natale NO! Il Canto, negli anni ’70, faceva parte dei compiti di Natale…per ragazzini svegli della scuola secondaria inferiore, tanto si sapeva che non avrebbero svolto i compiti! Figuriamoci quei ragazzini che capivano al volo il paternalismo, il sentimentalismo, i ” Babbo Natale”! Erano educati con le interviste ai sopravvissuti di Seveso, sapevano cosa fosse la diossina, facevano ricerche nel tempo prolungato ( e non nel doposcuola ) sul disastro di Bhopal…. ” Noi credevamo ” che una futura classe dirigente doveva prepararsi anche così, poteva capitare anche una ricerca su Commoner, capivano che era altra cosa tenere all’ ambiente, non solo buttare la cartaccia nel cestino.. Dove sono ora i ragazzi di allora? come vivono l’ arroccamento culturale in atto? Faranno parte della classe dirigente ora, sia nell’ amministrazione pubblica che nella sfera cruciale della COMUNICAZIONE ?
Elia Stella Perrone
29/12/2013 at 11:01Io provo una sottile rabbia per la strumentalizzazione di questo autore!
Credo che “il canto di Natale” sia stato rovinato dai vari film, macchine per fare soldi, tratti dal romanzo. E non stento ad immaginare il povero Dickens rivoltarsi nella tomba per aver visto travisato e commercializzato il suo messaggio. Non è colpa sua. E’ vero, Dickens è anche per i ragazzi un po’ svogliati, ma sta poi a noi, introdurre altri argomenti, la sua letteratura è piena di spunti da cogliere e da introdurre ai ragazzi per interessarli ad altro.
Il giudizio che aveva Kafka a proposito dell’autore racchiude anche il mio. Non a caso ho citato lui!
Paola Angeloni
29/12/2013 at 16:12Si potrebbe far leggere ai ragazzi la descrizione di Dickens sulle prime e fumose città industriali e relativi porti, poi compararle con la sregolatezza delle città attuali… Un saluto . Stella.