Natalìa Ginzburg, (Palermo, 14 luglio 1916 – Roma, 7 ottobre 1991) è stata scrittrice italiana.
Ammettiamolo, la stragrande maggioranza di noi, probabilmente perché a scuola ci hanno “obbligato” a studiarlo, non ama e non ha amato Alessandro Manzoni, rientravo anche io in questa categoria, fino a che non mi sono imbattuta in questa biografia. A dire il vero lo odiavo, lo trovavo noioso, e figuriamoci per un’atea, come me, tutti questi discorsi sulla Provvidenza erano una vera e propria tortura. Nonostante io abbia studiato lettere, nonostante i vari Tullio De Mauro, Luca Serianni e Alberto Asor Rosa, proprio non lo digerivo… Fino a che non ho sostenuto l’esame di Lessicografia e Lessicologia. Il libro non era nel programma di studio, era citato nella bibliografia in fondo al manuale, per curiosità l’ho voluto leggere, ci tenevo sempre, quando il tempo me lo permetteva ad approfondire ulteriormente ciò che dovevo studiare, ebbene, dopo la lettura ho conosciuto “l’uomo” Alessandro Manzoni e da allora è stato amore incondizionato verso l’uomo e l’intellettuale che è stato.
Leggendo il libro veniamo a sapere che: è cresciuto senza la madre, la quale abbandonò il marito, ed il padre lo affidò prima alle cure di una balia, successivamente lo mandò nel collegio di Merate, ( ne i Promessi Sposi lo definisce, un sozzo ovile ), quando aveva 19 anni, muore suo padre e si ricongiunge alla madre con la quale instaurerà un buon rapporto. In casa lo chiamavano familiarmente don Lisander e dall’età di 38 anni evitava di uscire di casa da solo per via dell’agorafobia, era balbuziente, soffriva di vertigini ed era pure taciturno, o meglio, “la sua eloquenza la riservava agli amici intimi; egli conversava con visibile piacere: era arguto; raccontava mille cose; aveva una portentosa memoria.” I suoi figli maschi gli hanno procurato non pochi guai, eppure li ha sempre amati dolcemente, come ha amato dolcemente anche la sua, dispotica e tirannica, seconda moglie Teresa.
Il documentato e delicato ritratto, costruito tramite lettere e testimonianze dell’epoca, che offre Natalìa Ginzburg non può che far provare complicità ed empatia per Alessandro Manzoni. Alla fine anche la sua opera, rileggendola, avrà un carattere diverso; I promessi sposi, non sarà più il romanzo della provvidenza, ma il romanzo della peste e una fedele testimonianza storica del suo tempo come tra l’altro suggeriva Italo Calvino. Offre anche un’altra chiave di lettura, più nascosta, può essere istruttivo ogni volta che ci sentiamo giù di morale, quando ci sentiamo vinti dalle nostre paure; una massima di Giambattista Vico dice che: “sembrano traversie, ma sono opportunità”, ecco, se lavoriamo sopra ai nostri disagi possono diventare una scuola per la nostra sensibilità, proprio come avrà sicuramente fatto Alessandro Manzoni su sé stesso, facendo diventare le sue debolezze punti di forza e così le sue paure sono diventate una ricchissima risorsa letteraria.
3 Comments
Claudia C
27/08/2015 at 11:36Concordo pienamente: il romanzo, riletto senza forzature e con l’aiuto della bella ricostruzione della Ginzburg, acquista una profondità davvero seducente.
Franca
09/11/2015 at 08:53l’ho letto con la lentezza della maturità. Ci ho messo due settimane. Ho imparato tante cose. Lui però continua a starmi antipatico. Anzi, lo è più di prima. Scusate se vi contraddico, ma il mio pensiero è questo