“Io vi auguro di vestirvi con un vestito che non seguirà mai la moda. Vi
auguro… robuste speranze ai piedi. Pantaloni fatti di impegno, le maglie
che abbiano due colori: quello della libertà e della corresponsabilità.
E portate un bel cappello, quello della conoscenza e dello spirito
critico. Dobbiamo vestirici di tutto questo sempre. Questo il nostro
impegno e la nostra speranza. Questo è Libera“. (Luigi Ciotti)
Libera! Già… Quanti significati può avere una parola, come questa, pesante e leggera al tempo stesso?
Ci sono storie che segnano un’esistenza e nemmeno ce ne accorgiamo, ci sono realtà che ci scivolano addosso fino a che non ce le ritroviamo dentro casa, ci sono momenti che si trasformano in anni da un momento all’altro.
Come al solito le vesti stracciate dei sepolcri imbiancati, si sono sprecate in questi giorni, l’ipocrisia di chi sa sempre avere la parola giusta al momento giusto l’ha fatta da padrona, ma per uno come me avvezzo da tempo a non dare giudizi ma a cercare sempre l’analisi, è un gioco da bambini scegliere come intavolare il discorso.
I fatti, le telefonate, gli appuntamenti, i regali sono ormai di dominio pubblico e sinceramente non mi interessano nemmeno come discorso di fondo, quello che più mi preme è veder oltre al “fattaccio” in questione.
Possibile mai che nessuno si sia mai accorto della deriva culturale e sociologica della nostra penisola negli ultimi 25 anni?
I veri colpevoli, come recita un vecchio adagio, hanno sempre i colletti bianchi e viaggiano su macchine costosissime, e qui voglio tirare in ballo tutto ciò che dalla mattina alla sera il popolo dei media ci ha propinato come materia da “prime time” ma che non sarebbe dovuta andare in onda nemmeno a notte inoltrata. Una cultura basata sull’apparire, sull’avere che ha spinto intere generazioni a “vendersi” non solo il corpo (che già è cosa gravissima) ma soprattutto il pensiero.
La cecità voluta riguardo, la doppia vita dei nostri figli, maschi o femmine che siano cambia poco, è un dato di fatto; i bambini NON sono più bambini, il livello di erotizzazione è talmente elevato (come spiegano psicologi e psicoterapeuti esperti del settore) che i corsi di educazione sessuale si iniziano fin dalle scuole materne, per contrastare la distorsione dei messaggi sessuali a cui sono sottoposti.
Se poi volete togliervi qualche ulteriore dubbio provate ad andare fuori alle scuole e ascoltate (non SENTITE, ASCOLTATE) i discorsi degli amici dei vostri figli, c’è da rimanere allibiti.
Se le prime informazioni sul sesso arrivano così distorte grazie ai media, ai social e alla comunicazione di massa, come ci si può poi meravigliare della vendita tout court del proprio corpo per il raggiungimento degli obiettivi che sempre gli stessi organi informativi propinano dalla mattina alla sera come modelli di vita?
Questa involuzione culturale ha nomi e cognomi precisi, ha responsabili facilmente identificabili, ha un mercato di base riconoscibile, ma tutti stiamo qui, nel momento in cui “il latte è stato versato” a stracciarci le vesti!
Un degrado sociale, politico, umano e antropologico che ha segnato indelebilmente la formazione dell’individuo nei suoi anni più critici, vite acerbe cresciute circondate da messaggi più o meno subliminali improntati sul sesso, il potere del denaro, il disvalore del corpo delle donne (si pensi alle Veline dell’ora di cena) fin da piccolissimi; un martellamento continuo e sistematico che ha creato quello che stiamo vivendo, non in questi giorni, ma da anni!
“A Enrì ma che stai a dì?” direbbe qualcuno, “ se non fai come fanno tutti o tutte sei OUTTE”.
Il bullismo usato come clava per convincere anche chi è più restio contribuisce non poco a questo “Gioco Perverso” a cui sono sottoposte le nostre nuove generazioni, e allora?
E allora ti sfili il tuo corpo di dosso come fosse un vestitino firmato per indossare quello che interessa più di tutto a te stesso: l’approvazione del branco!
È questo che la società vuole e questo dai, tanto poi alla fine la tua Libertà è fatta di segni sulla pelle che, prima o poi, passano ma che nella coscienza lasciano cicatrici profonde come solchi!
Foto di Enrico Paravani©
2 Comments
pietro matarese
13/11/2013 at 13:30A Enri ma che sta e a di. E’ tutto vero, giorno dopo giorno sempre voluto, sempre a parlare d’altro, continuamente a cambiar pettegolezzo,che poi sarebbe facile capire ti prendon per il culo e tu lì a credere ma stai a dimenticare quel che hanno detto e quello che, negli interessi loro, di male han solo fatto. Ma finalmente “forse” se capito. Non credo. Basta guardare, non sanno neanche guidare aprire la portiera, figuriamoci dirigere un paese e poi le cose serie,tagliar le spese, una legge elettorale, partecipare ognuno a quanto si può dare. ciao Enrì Io so fabbro e tu sei falegname.
Enrico Paravani
13/11/2013 at 16:15Le idee e i pensieri artigianalmente concepite hanno sempre qualcosa di pratico e manuale all’interno, un po’ come se usassero il tatto per verificare meglio l’idea del concetto di base.
Tu fabbro io falegname siamo abituati a “trasformare” in senso positivo materia e materiali.
Credo che il nostro modo di FARE spesso non venga capito appieno, proprio perchè manca a tutti i livelli questa capacità tattile che contraddistingue l’Uomo contemporaneo.
Ciao Piè!