Matteo Renzi ha stravinto le primarie del PD, con una percentuale bulgara che supera il 68% dei consensi.
Tutto sommato sembrerebbe un risultato scontato: in tanti abbiamo infatti condiviso l’impressione che la nomenclatura del PD avesse accettato da qualche tempo la nomina del “rottamatore” di Firenze a salvatore di un partito in crisi, rimasto in ostaggio degli stessi maggiorenti per oltre un ventennio.
Stupisce il risultato decisamente sovrapponibile ottenuto dai due sfidanti “minori”, almeno per come li ha posti sempre e comunque la visuale offerta dai mass media tradizionali: Cuperlo e Civati.
Il primo dei due, stretto collaboratore di Massimo D’Alema, sembrerebbe impersonare il tentativo degli stessi maggiorenti “anziani” di non perdere terreno rispetto ai “giovani” ribelli, senza alcuna velleità di vittoria e solo per una questione di equilibri interni al partito (con relativo corollario di questioni patrimoniali e di garanzie “ad personam”). Se questo era davvero l’obiettivo che si era dato a Gianni Cuperlo, non si può certo dire che lo abbia raggiunto in maniera efficace, superando di poco il 17%.
Il 38enne Civati, probabilmente la vera candidatura “di protesta” all’interno del partito, stupisce invece tutti con un sorprendente 13.8% (appena 4 punti percentuali sotto Cuperlo), che gli attribuisce un ruolo di particolare rilievo nei confronti dei giovani democratici, tra i quali sembra aver riscosso la gran parte dei voti, e dell’ala sinistra del partito.
Non si può trascurare, nell’analisi dei risultati, il fatto che nessuno dei nomi forti del PD, in alcuna realtà regionale, abbia sponsorizzato in alcun modo l’ultimo dei tre. Mentre il PD rampante ha sposato il nome di Matteo Renzi, i vecchi baroni si sono invece schierati pressoché tutti intorno a Gianni Cuperlo.
L’equilibrio interno al partito si è comunque definitivamente rotto e certamente vedremo comparire, tra le fila dei democratici, numerosi volti nuovi. Preoccupa, dal mio punto di vista, la svolta neo-liberista che il fiorentino sembra voler dare al PD. Come se il Paese non avesse già sperimentato i risultati di queste politiche economiche…
In parallelo, anche la Lega Nord ha affrontato le primarie. Ne è uscito vincitore il quarantenne Matteo Salvini, contro la corazzata (piuttosto malmessa) Umberto Bossi. Il canuto leader lumbard non ha figurato meglio dei suoi coetanei democratici, con un risicato 18% dei consensi. Le dinamiche in gioco appaiono esattamente le stesse, all’interno di un partito che, come e quanto il PD, appare in netta difficoltà di consensi ed oramai privo di spinta propulsiva.
Matteo Salvini e Matteo Renzi: uguali i nomi di battesimo e molto simili le età (classe 1973 il primo e 1975 il secondo). Due uomini di mezz’età (l’aspettativa di vita di un maschio italiano è di 80 anni…) che per la politica del Belpaese sono “giovani”. Probabilmente questo è uno dei primi punti che i due neo-leader dovranno affrontare nel disegnare il Paese che sarà.
Foto di Enrico Paravani©