“Gli esseri umani non sono stati progettati con criteri di efficienza per adattarsi a un sistema capitalistico di produzione”
[Eric Hobsbawm (2004) The Age of Extremes, Abacus Publishing, London, p. 414]
L’epoca post-ideologica, che non a caso coincide con l’epoca globale, è il nostro presente. Un presente di transizione.
Probabilmente molto lungo.
Siamo sopra una nave sovraccarica nella quale la sala comandi ha smesso di comunicare in modo comprensibile con la sala motori. In realtà non sappiamo nemmeno se la sala motori, per ora chiusa a chiave e sbarrata all’accesso a terzi, sia in una fase di ammutinamento.
Sappiamo comunque che in sala comando ci si affida a carte datate. E anche da quelle parti le porte si aprono solo ed esclusivamente a determinate condizioni.
Non è il mondo quello che vedono in quelle carte nautiche del secolo scorso. Non sono affidabili le previsioni meteorologiche che elaborano. Non sono certo più affidabili le persone che siedono ai posti di comando. E’ gente che ragiona a breve termine, questa.
Forse è gente spaventata.
Comunque ciò che conta è che la nave, la nostra nave, sta navigando per inerzia.
E’ in abbrivio.
Manovrare in abbrivio non è molto semplice soprattutto quando ogni manovra di aggiustamento risulta in ritardo rispetto al moto d’inerzia della nave.
Il ritardo lo si vede in ogni aspetto della nostra società. E’ in ritardo sull’abbrivio la politica economica, basata su coordinate che si stanno rivelando sbagliate. Sono in ritardo i modelli economici di sviluppo che tracciano queste coordinate. E’ in ritardo la politica del lavoro. Sono in ritardo i sindacati che forse navigano su geografie ormai scomparse.
Sono in ritardo le persone.
Siamo in ritardo tutti noi, affacciati al ponte di terza classe.
Nessuno ha il controllo assoluto. E’ bene averla questa consapevolezza.
E allora i malfunzionamenti della nostra società non diventano altro che una somma di miserie umane.
Certo è che l’attuale sistema di sviluppo (lo chiamano così) sembra proprio ritagliato su misura per evidenziarle, queste miserie.
Foto di Enrico Paravani ©