Sapete a cosa stavo pensando? Stavo pensando ad una cosa tristissima, al qualunquismo.
Il termine “qualunquismo” deriva dal nome di un settimanale intitolato L’Uomo Qualunque e partorito nel dopoguerra dalla mente del giornalista liberale Guglielmo Giannini. L’Uomo Qualunque pendeva sul satirico-ma-non-troppo ed era dedicato a quella fetta di popolazione che non stava né a destra né a manca, ma che contrastava a prescindere il “regime dei partiti” invocando uno stato-automa, ovvero uno stato “amministrativo”, non basato su ideologie politiche, ma su semplici manovre “tecniche”.
“Basta un buon ragioniere che entri in carica il primo gennaio e se ne vada il 31 dicembre. E non sia rieleggibile per nessuna ragione”, scriveva Giannini.
Nel ’46 divenne un partito, il Fronte dell’Uomo Qualunque.
Il qualunquismo schifava l’ideologia politica alla base dello stato, ma se ne serviva ampiamente semplicemente perché anche quello di uno stato-automa non era altro che un’ideologia politica. Detto questo, il termine “qualunquismo”, negli anni, ha subito un’involuzione drastica perdendo il suo significato originale ed è stato stampato in fronte a chi liquida tutto il file “politica” con varie frasi provenienti dal più profondo pozzo della povertà intellettuale, ovvero “so’ tutti ladri, mannamoli a casa” o “è del partito X, non capisce un cazzo!”.
Posso anche non nominarlo, ma uno degli esponenti di questa corrente piazzasofica è proprio lui: Beppe Grillo.
Grillo, attraverso un linguaggio da bagno dell’autogrill, succhia voti da un determinato target di popolazione che, mi duole dirlo, del qualunquismo ne fa un’arma di distruzione ideologica pari solo a Uomini&Donne di Maria De Filippi. L’approva, l’alimenta e ignorando di non operare un peggioramento, non un miglioramento, anche solo a livello comunicativo. In sostanza dà un esempio sbagliato.
Tuttavia c’è altro, e qui mi faccio male entrando in un discorso complicato quanto dissenterico.
E’ vero quello che ho detto, ma è vero anche il contrario.
Grillo ha raccolto intorno a sé il popolo dei non votanti-perché-so’-tutti-ladri (un po’ come fece Harry Potter con i bambini allergici alla lettura), ma anche i delusi della vecchia politica, ovvero quelli che hanno sempre votato convinti o a destra o a manca, ma che oggi o non votano o fanno le telline sullo scoglio del meno peggio, irritati da decenni di berlusconarchia e opposizioni fantasma.
Quindi Grillo ha due target: il qualunquista e il deluso ma consapevole.
Quale dei due target continua ad alimentare?
Ovviamente il secondo.
No, sbagliato! Il primo!
Infatti, sul suo blog, sulla sua pagina Facebook, ai suoi comizi raccattiamo mille e uno spunti per accusare Grillo di istigare la popolazione al qualunquismo e alla violenza verbale, perché, a quanto pare, non è possibile esprimere un concetto senza scendere nella latrina delle generalizzazioni qualunquiste (“so’ tutti ladri”) e della parolaccia come interpunzione.
E i suoi discepoli in parlamento cosa combinano?
Cominciano ad usare parole condite per esprimere concetti che sono dannatamente giusti e condivisibili, ma totalmente violentati da una comunicazione svilente, drammaticamente ignari di non essere in piazza, ma in parlamento e, di conseguenza, non è concesso loro di adoperare qualunquismi per esprimere punti che invece hanno forti base ideologiche e lineamenti di verità. Si fanno male da soli.
Ci ritroviamo un Sorial che pecca di qualunquismo quando si serve di metafore dove assegna a Napolitano il ruolo del boia e quindi sposta lui stesso l’attenzione di tutti sulla parola “boia” invece che sul nucleo del discorso, dando pane e salame a certi giornalisti che, brandendo l’arma della generalizzazione becera, accusano l’intero Movimento Cinque Stelle di vilipendio al capo dello stato.
Per non parlare degli “avversari”. Altro che pane e salame, loro vengono invitati ad un pranzo di nozze dove si alzano da tavola solo dopo un’indigestione. E così il qualunquismo, a braccetto con le generalizzazioni, fa una sorta di giro e non viene mai fermato.
Come se ne esce, considerando che molti italiani si proteggono da qualsiasi discorso politico piazzando una frase qualunquista, per di più grassa di offese, e considerando che chi sta dall’altra parte, invece di bloccare, usa quel qualunquismo per percuotere l’avversario?
Se ne esce castrando ogni forma di qualunquismo affinché non si moltiplichi, che sia dalla nostra o dall’altra parte. Si deve applicare la pena di morte a frasi e gesti che non rientrano nel concetto di politica obiettiva, quella che va alla ricerca delle fonti, che indaga le intenzioni, che scava tra le parole e dà ragione a chi ce l’ha, non a chi alla tessera del partito o l’iscrizione al movimento, perché la politica è fatti, non parole.
Non è possibile avere uno stato totalmente scevro dalle ideologie politiche, ma è possibile averlo pulito dal qualunquismo, dal vocabolario der Monnezza e da qualsiasi forma di strumentalizzazione volta a disintegrare l’avversario più che al risollevamento del paese.
Quindi vale la regola che si usa nella scrittura: non dire (porcherie qualunquiste), mostra.
Foto di Enrico Paravani ©