Mattina fresca, aria frizzante e tersa, erba lucida ancora luccicante di rugiada. Nella borsa c’è tutto, non manca nulla, paradenti incluso, non sia mai qualche bel fusto avversario si ricordi di lasciare un’impronta indelebile sulle gengive.
È vero si gioca per divertimento, ma a perdere non ci sta mai nessuno. Lo si capisce quando, negli spogliatoi, ci si guarda in faccia mentre il Mister fa la sua analisi prepartita.
Ogni sguardo una storia, una personalità, un’esperienza.
Gli avanti, cuore pulsante della squadra, con gli occhi fissi che scrutano ogni movimento mimico dell’allenatore, annuendo come cagnolini, sapendo che in campo il loro ruolo è di rottweiler; i trequarti che si massaggiano distrattamente i muscoli delle gambe, sanno che la loro battaglia è fatta di astuzia e agilità, destrezza e fantasia; tutto è mistero in uno spogliatoio, in una squadra di rugby ancora di più.
Appena terminati i consigli del tecnico, si allacciano le scarpe, si affilano i tacchetti, ci si danno grandi e pesanti pacche sulle spalle, si apre finalmente la porta e si esce uno a uno, in silenzio come se si entrasse in un tempio.
Solo chi ha pestato una linea di meta sa cosa si prova prima di una partita. Me lo sono fatto raccontare: è come se il mondo si aprisse di fronte a te, come una donna pronta a farsi prendere, ma non è semplice da conquistare. La sua volubilità fa di un giocatore di rugby un passionale, freddo calcolatore in mezzo ad una tempesta.
L’ultimo rito, il discorso del capitano, alza ancora la tensione prima del fischio d’inizio: d’improvviso il silenzio s’impossessa dei giocatori tutti. Intorno può anche esserci una folla di tifosi festanti, in quel momento chiunque indossa una maglia con un numero sulla schiena, si trova solo con se stesso e sa che potrà contare solo sui propri compagni.
Schierati sul terreno, sentono solo il piacere di esserci, di avere solo le mani per portare a casa una vittoria.
È il bello di questo sport, solo le mani insieme possono creare una gioia, da soli non si avanza, e solo trenta mani fanno un passo avanti.
Filosofia spicciola che spesso ci si dimentica nella vita reale, dove si è convinti di essere indispensabili e fondamentali a se stessi ma che alla fine ci porta solo a indietreggiare nel terreno dell’egoismo autolesionista.
Foto di Enrico Paravani©