“No! Non mi tornano i conti. Cazzo!” U., detto “draiver”, era, da più di due ore, intento a ricontrollare i dati che arrivavano dai seggi elettorali.
“Lo sai quanto abbiamo pagato per quel sondaggio? E aspetta almeno che arrivino tutti i dati ufficiali” disse M.
M. doveva pur fare la parte del pignolo. Effettivamente i dati che stavano arrivando presagivano una Caporetto. M. fungeva anche da “ghost writer” per il nuovo Candidato Sindaco. E un minimo di voce in capitolo credeva di averla.
“Secondo me, se ti levi quei ridicoli guanti di pelle da pilota sfigato, ti concentri meglio” disse M. rivolgendosi ad U che, nel frattempo, iniziava a manifestare preoccupanti pulsazioni ritmiche della giugulare sinistra.
Entrò H., Il candidato Sindaco.
L’ufficio elettorale era al piano terra di un distinto edificio commerciale al centro della città. Non mancavano i colori, riecheggianti la Bandiera Nazionale, rimasugli ideologici del ’900 e qualche accrocco teoretico in una libreria malmessa. L’identità era presa in seria considerazione.
“Signori a quanto stiamo?” chiese H.
“Direi che le proiezioni ci danno al 2%” disse U.
“Porca puttana!”, gridò H. “Questa cazzo di città ha dimenticato completamente la sua storia. Abbiamo fatto noi per primi la guerra ai fascisti ai tempi di mio nonno, o no? Abbiamo sacrificato i nostri posti di potere e i nostri assessori, la volta scorsa, o no? Che dobbiamo fare di più per stare a contatto con la Base. Noi Siamo La Base! Davvero inconcepibile!”.
H si sistemò dietro la sua scrivania di mogano. Una lampada di bronzo marino in bella mostra sopra al portatile ultrapiatto. Accanto, solitario, “Consumo, dunque sono” di Zygmunt Bauman. Il segno, un angolo piegato in alto a destra, fermo a pagina 3.
“Telefonate ai seggi, ci stanno sicuramente fottendo i voti. Lo sapevo che non dovevo mandare L. al seggio del centro. Cazzo di ravanello mascherato.” disse H.
“H, L dice che i conteggi procedono veloci e confermano il trend” disse M.
U nel frattempo stava appallottolando le carte dei suoi appunti per gettarli nel secchio, sotto la scrivania.
“Sentite” disse H, “io me ne torno a casa. Non ne voglio sapere niente di questo 2%. Avete fatto un casino e io c’ho messo pure la faccia”.
“In verità siamo ad 1.6%” disse U.
Un vaffanculo echeggiò per la stanza ed H uscì rabbiosamente. Non prima di aver recuperato dall’appendiabito la sua costosa giacca made in Italy.
Fuori la giornata prometteva di nuovo pioggia. Pozzanghere costellavano l’asfalto rattoppato. H, col bavero alzato, si diresse verso la sua nuova fiammante X5. Di lato, sul parabrezza, un adesivo con il simbolo elettorale del Partito. La rabbia montava mano a mano che H si avvicinava alla macchina. Poi, un piede finisce, distrattamente, in una pozza.
E le Hogan, nuove di zecca, insultate dalle macchie di fango.
Tuonò un nuovo vaffanculo. Però si perse indistintamente nell’aria, proprio mentre ricominciava a piovere.
Illustrazione di Silvia Castrati ©