Torniamo a parlare di tirocinanti e disoccupati, questa volta affrontando i possibili scenari legati a nuovi accordi con Enel e Porto.
Già abbiamo detto che “gli oltre 87 milioni versati dall’industria energetica dovevano essere utilizzati per creare stabilità e non ulteriori servitù. Quindi quei soldi avrebbero dovuto investirli in posti di lavoro, in attività per le ditte locali e non essere lasciati transitare in altre mani”.
Ma quali altre soluzioni abbiamo?
Una soluzione veramente possibile sarebbe indurre Enel e/o Porto ad investire in formazione, specializzazione e inserimento dei disoccupati nel mondo del lavoro.
Preso atto che le borse di lavoro, così come vengono concepite, non servono a nulla, si potrebbero chiedere grossi investimenti dirottando quei 300 milioni di euro che l’Enel deve alla città nel settore dell’energia alternativa.
Con la collaborazione dell’amministrazione comunale e del ministero, si potrebbe, già da domani, far iniziare corsi di specializzazione pagati al fine di preparare e impiegare i nostri concittadini nella riconversione e nella manutenzione dei futuri impianti di energia pulita.
Ad esempio, si potrebbe inizializzare un progetto per coprire i nostri tetti di pannelli fotovoltaici e pale eoliche. Potrebbero essere installate da Enel utilizzando la manovalanza locale e già formata.
In queste settimane abbiamo appreso dello stato in cui versano gli impianti installati su alcuni edifici pubblici: sono abbandonati a se stessi. Se ci fosse stata volontà, avremmo avuto una squadra pronta a risolvere i problemi di manutenzione e gestione di quegli impianti, invece di lasciarli inattivi.
Se è vero che la dismissione della centrale a carbone avverrà nel 2034, è altrettanto vero che lo spegnimento sarà graduale e di pari passo dovrà crescere una centrale “green” (solare, eolica, a moto ondoso, ecc. ecc.) che dovrà impiegare la nostra manovalanza.
Se parte degli 87 milioni ricevuti dalle precedenti amministrazioni fossero stati investiti in questa direzione, oggi avremmo avuto sicuramente meno precariato.
Il fallimento più grande della politica è stato proprio questo: la mancanza di idee, le corte vedute, l’inadeguatezza di una classe di amministratori devoti ai soldi e non ai progetti.
Per far funzionare la città non servivano quei soldi (nonostante siano entrati non se ne vede traccia), serviva indipendenza.
E continuo a sostenere con forza l’idea che se la città e i suoi cittadini diventavano sempre più poveri e precari, la politica tutta non poteva arricchirsi come ha fatto e lavorare a tempo indeterminato per la città, perché aveva fallito.
Tutto questo mi convince sempre di più del fatto che quei soldi non devono assolutamente transitare attraverso troppe mani.
Oggi esiste un’amministrazione forte, a livello di maggioranza e di indipendenza da certi poteri, che non ha affari aperti con nessuna di suddette realtà.
Questa maggioranza ha il dovere morale e la libertà di imporre che le imprese locali lavorino, o quantomeno che i lavoratori locali siano impiegati nel momento in cui i contratti dovessero essere affidati a ditte esterne.
Perché se è vero che Enel è carnefice dei cittadini, è anche vero che ne risulta vittima e connivente della politica locale che l’ha spolpata senza creare nulla.
Oggi più che mai si può intavolare un discorso senza parlare di soldi ma di lavoro e lavoratori.
Oggi Enel può dimostrare se vuole bene a questa città , che troppo le ha dato e nulla ha ricevuto.
Oggi la politica, senza soldi, può far vedere come si amministra senza dover per forza intercettare le risorse destinate ai cittadini.
Foto di Francesca Luciani ©