Oggi su un quotidiano che mi prendo il diritto di non nominare, ho letto questa frase: “Il Coronavirus è qui”.
Mi perdoni Santa Raffaella da Carrà se l’ho immaginata tutta illuminata mentre annuncia l’apparizione del cugino virus venuto dalla Cina appositamente per abbracciarci tutti in una calda stretta mortale.
Un etchiu ci seppellirà.
Morire di febbre, che fine anonima.
Ho sempre immaginato di potermi congedare eroicamente, con onori e cerimonie pubbliche, ricordata per aver sventato una rapina ai danni di una vecchietta, ad esempio, o morta male nel tentativo di scoprire una cura per i risvoltini, invece no, potrei morire con uno scatarro.
E mentre tutti annullano cene, feste, partite di calcio per tapparsi in casa abbattendo qualsiasi contatto con il mondo esterno popolato da untori cinesi e padani trasformati in zombie, Giuseppe Conte, autore di personali maremoti ormonali, dice che va tutto bene, possiamo morire sereni.
Questa adesso è la cosa importante, stare manzi, spolmonare tranquilli, senza impanicarsi, sorridendo paciosi alla vita che abbiamo vissuto anche se finirà così, che ci vuoi fare, capita quando per non sembrare razzista chiudi un occhio sulle quarantene per chi ritorna da paesi a rischio.
Ma io a Conte la voglio perdonare, perché oltre ad essere parte ardente delle aspettative sulla mia morte, o meglio, sull’ultima cosa che vorrei fare con lui prima di morire, ha anche la grande capacità di farmi credere che il virus si fermerà al nord.
In alternativa riattiviamo i monatti, ex-tentati navigator che, se va bene, tra quattro anni saranno pronti per trascinare via i nostri corpi piagati dal virus e dalla mancanza di protocolli sanitari in un contesto, soprattutto quello laziale, dove se non passi almeno 15 ore al pronto soccorso cercando di rianimare medici al quarto turno, sei un minchia.
Conte, io ti perdono.
Luca Morisi e il suo alter ego Salvini no, loro non perdonano, chiedono le dimissioni del governo (stavolta senza la cannuccia del mojito infilata nel naso) trasformando i morti del Coronavirus in martiri della Lega, che lo aveva detto di chiudere le frontiere, di lasciarli a casa loro, di togliere i fondi alle cooperative rosse, di non far entrare più immigrati neri… ah, erano cinesi, scusate.
Chiudere tutto.
Chiudere forte.
Chiudere duro.
Non ci sono altre vie: isolamento totale e assoluto che ci permetterebbe di continuare la specie italica almeno fino alla fine del tour di Salvini nelle principali piazze italiane. Poi dopo crepate come volete.
Zingaretti, invece, è più concreto, mentre tutti annaspano nella pozza della paura per il Coronavirus, lui pensa ancora di stare all’opposizione e parla del decreto sicurezza, dell’inadeguatezza di Salvini e della recente caduta del muro di Berlino. Non parlare del problema, si sa, è parte della sua soluzione.
Ma mentre la vecchia Italy si divide tra chi crede al virus perché è di destra e chi non ci crede perché è di sinistra, io ho scoperto di avere un capitale sul comodino vicino al letto: l’Amuchina.
Ieri su Amazon, l’Amuchina gel per le mani è schizzata a oltre 100 euro per 4 confezioni da viaggio, oggi i prezzi per una sola confezione da 80ml si aggirano sui 29,00€.
Metterò in vendita la mia, è un usato garantito che darà la possibilità a qualcuno di sentirsi come vuole Conte, tranquillo e sereno. L’ho comprata due settimane fa e mai deflorata, il mio istinto finanziario aveva già intuito che quello non era solo gel per igenizzare mani dopo aver armeggiato con gatti e quotidiani da cesso, ma un investimento sul futuro.
Anche se, leggendo quel certo giornale, ho avuto la sensazione che per tutti noi non ci sarà alcun futuro né avverranno scambi di fluidi corporali con Conte prima di morire. Vorrà dire che mi accontenterò di piazzare il nuovo petrolio al tempo del Coronavirus. L’Amuchina.