TerzaStrada riceve e pubblica questo comunicato stampa scritto dagli Studenti d’Architettura a Lisbona.
Cari colleghi,
pur essendo lontani da Roma sentiamo il dovere e il bisogno di comunicare e condividere con tutti voi quanto sta accadendo in queste ore. Condividere, nonostante la distanza, una preoccupazione che ci sembra più che legittima nonché annunciata. L’incertezza sull’esistenza della certificazione UE al CdL DM 270/04, la chiusura di spazi vitali alla Facoltà – quale Dr. Plot e la mensa chiusa quattro anni fa – sono azioni che ancora una volta ledono la dignità dello studente.
Perché è di dignità che si parla. La dignità di uno studente di poter vivere il suo percorso formativo con la serenità necessaria. Questa volta è capitato a questo CdL, ma sarebbe potuto succedere a qualsiasi altro corso. Quando abbiamo deciso di iscriverci a Roma, alla Sapienza, alla Facoltà d’Architettura sapevamo che saremmo andati incontro a numerose difficoltà, ma non fino a questo punto. Siamo tutti sulla stessa barca e questo ci unisce e rende forti.
Insieme dobbiamo batterci per la dignità che oggi non ci è più garantita.
Hanno cominciato con la mensa, sono passati alle aree verdi fuori l’università ed ora vogliono proseguire con i piani formativi, barattando in cambio di briciole quel poco che ancora ci rimane. Il campo di calcio, le colonnine elettriche e il diamante sponsorizzato da Enel non sono nient’altro che contentini per quello che ci è stato tolto.
Siamo talmente assorbiti dallo studio che queste cose ci sono passate sulla testa senza nemmeno che ce ne accorgessimo – e a buon ragione catapultati in un modello meritocratico, il quale però invece di imporre alla sua base la formazione di un pensiero critico impone la fretta di portare a termine il percorso – negandoci la più grande libertà, quella di poter scegliere, pensare, e vivere un’alternativa.
L’occupazione è un chiaro mezzo per raggiungere l’Alternativa e deve essere visto come un punto d’inizio – pensando in termini architettonici, perché è questo che facciamo Signori – come l’opportunità di farci vedere lo spazio che viviamo in modo totalmente differente; capace di elaborare nuove idee, confrontarle e poi metterle in pratica.
L’occupazione deve essere un’ officina di idee – per quanto possano dire ipocriti e ben pensanti – un momento per fermarci e mettere in discussione quello che oggi è la nostra vita universitaria, in futuro nostra vita lavorativa di architetti.
La nostra università dovrebbe rispecchiare di più ciò che siamo, parlare di quello che facciamo, non limitarsi soltanto al livello istituzionale ma sopratutto a quello figurativo. Lo spazio lo viviamo anche noi e, come insegna l’esperienza degli “uccelli”, è possibile esprimersi e incarnarsi in esso.
Per questo, tali momenti devono insegnarci ad accettare anche chi, in queste ore, non la pensa come noi, confrontarci con loro e appianare le divergenze per trovare un’espressione comune.
Saremo paternalisti ma è proprio questo il punto; se non siamo capaci di farlo noi – abituati a lavorare in gruppo – dovremmo forse abbandonarci alla delusione? Usiamo la nostra forza creativa, che ci contraddistingue, per creare questa Alternativa, spingiamoci oltre le quattro mura che ci circondano e riprendiamoci quello che è nostro oggi, quello che sarà un giorno delle future generazioni e che già altri prima di noi hanno goduto.
Firmato Studenti d’Architettura a Lisbona
Foto di Giuseppina Paciotti ©