[heading style=”subheader”]Il cemento che risorge dalle ceneri di ENEL. Presto nel Porto di Civitavecchia.[/heading]
Ad agosto 2013 la Società “Sili e Magazzini Generali di Civitavecchia S.P.A.” ha infatti richiesto il rilascio della Valutazione di Impatto Ambientale e della relativa autorizzazione a realizzare un impianto di trasformazione delle ceneri prodotte da centrali a carbone in materia prima per cemento ed asfalto.
Le Istituzioni chiamate in causa sono pertanto Regione Lazio, Provincia di Roma, Comune di Civitavecchia ed Autorità’ Portuale.
La dicitura corretta dello stabilimento è “Impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi per la produzione di prodotti per l’industria delle costruzioni”.
Quello richiesto è un valido esempio del nuovo “miracolo dei rifiuti”: stabilimenti grazie ai quali i rifiuti speciali industriali si trasformano in prodotti industriali, da immettere sul mercato senza alcuna indicazione sulla loro origine effettiva.
La materia prima è infatti un rifiuto industriale, che come tutti i rifiuti è classificato da un numero, denominato CER (dal Catalogo Europeo dei Rifiuti, il 10.01.02: ceneri provenienti da centrali termoelettriche dalla combustione di carbone e lignite, anche additivati con calcare e da co-combustione con esclusione dei rifiuti urbani ed assimilati tal quali).
Ad entrare nello stabilimento sarebbero quindi 250.000 tonnellate/anno di ceneri delle centrali, con l’obiettivo finale di produrne oltre 190.000 tonnellate di “Ceneri volanti per calcestruzzo e cementi” ed oltre 15.000 tonnellate di “Aggregati per miscele bituminose e trattamento per strade, aeroporti ed altre aree soggette a traffico” (insieme a quantitativi inferiori di additivi ed aggregati per l’industria del cemento e delle malte).
Lo stabilimento dichiara come obiettivo la cessazione della qualifica di rifiuto per le ceneri leggere da carbone e l’ottenimento di una materia prima – c.d. aggiunta minerale – per le costruzioni. Occorre ricordare che le ceneri prodotte dalla combustione del carbone contengono elementi radioattivi o tossici come uranio, torio, arsenico, mercurio, in un range compreso tra 4 e 50 parti per milione. Su un flusso di 250.000 tonnellate è facile calcolare un contenuto da una a 10 tonnellate/anno di ciascuno di questi pericolosi elementi chimici. Le ceneri delle centrali a carbone, un tempo avviate all’interramento in discariche speciali, grazie a questo “miracolo industriale” si trasformano oggi in in un “normalissimo” materiale da costruzioni, magari da utilizzare per scuole, asili, ospedali.
Il sito proposto per la lavorazione è una parte della Banchina n. 26, per la quale l’Autorità Portuale ha già concesso il proprio NULLA OSTA alla costruzione ed esercizio dell’impianto di gestione di rifiuti industriali.
Da dove e come arriverebbero le ceneri da trattare?
Risposta banale. La centrale ENEL di Torrevaldaliga Nord dichiara di produrre 440.000 tonnellate/anno di ceneri secche. Lo stabilimento proposto non sarebbe pertanto in grado di smaltire da solo il totale delle ceneri prodotte e rimarrebbe così attivo il traffico già avviato con il cementificio di Bassano Romano.
Il progetto dichiara inoltre la possibilità per l’impianto di ricevere materiale sia da autocisterna che da nave, con un sistema di carico pneumatico della materia, tale cioè da garantire dalla dispersione di polveri nell’ambiente, salvo malfunzionamenti.
Il trasporto via mare rappresenterebbe, nelle intenzioni del progettista, un punto di forza dell’impianto, in quanto tale modalità di trasporto ridurrebbe l’impatto inquinante rispetto al traffico su gomma. Immaginate, cari lettori, una nave che attracca alla banchina di Torrevaldaliga Nord per caricare le ceneri e che, percorso neanche un chilometro, attracca nuovamente alla banchina 26 per scaricare. I civitavecchiesi conoscono bene le fumate prodotte dalle navi durante le manovre di ormeggio, certamente un buon motivo per ridere amaramente della superficialità di chi redige questo progetto, contando sulla credulonerìa di chi lo valuterà.
Compreremo, o già compriamo, i rifiuti della centrale a carbone. Li paghiamo sotto forma di asfalto, cemento e manufatti per l’edilizia. Ma lo facciamo col cuore in pace: nessuno ci ricorda da dove arrivano né cosa contengano. Perché chi ci amministra ha tanto a cuore la serenità dei suoi concittadini.
Foto di Enrico Paravani ©