La voce al telefono è sovrastata dai rumori dei mezzi da cantiere all’opera: «Perfetto… perfetto… è quella roba de stamattina che faceva schifo, quattro sassi grossi sopra e il resto tutta monnezza». Si parla dei lavori di allungamento della diga foranea del Porto di Civitavecchia.
La voce continua: «M’ha scaricato un viaggio di merda e invece serviva roba bona pe’ finì de riempì il cassone…».
Il cassone è quello su cui poggeranno le nuove banchine del Porto di Civitavecchia, strutture che dovrebbero reggere la forza del mare.
“Merda” la chiama il tecnico al telefono, ma si tratterebbe (il condizionale è d’obbligo) di rocce estratte prevalentemente dalla cava Sassicari di Pietro Lo Monaco “non autorizzata o comunque diversa da quella indicata nella documentazione prodotta”. Rocce che risultavano spesso “di dimensioni inferiori a quelle previste e, in frequenti casi, mescolate a terra e marma”.
Rocce che arrivavano prevalentemente dai Sassicari, appunto, perché un filmato in possesso della Procura mostrerebbe un autocarro della società Fantozzi, “proveniente dalla cava di Basilina presso Bagnoregio (nel Viterbese), sorpreso ad effettuare una sosta sospetta presso gli impianti di recupero di rifiuti edili “Nuova Eco Edilizia”, prima di recarsi nel porto di Civitavecchia a scaricare il materiale.
Autocarri che scaricano tonnellate e tonnellate di “merda”, sulle quali dovranno poggiare le fondamenta la diga foranea e le nuove banchine del porto: sabbia e calcinacci dove sarebbe prevista la roccia. E per ora l’unico capo di imputazione è quindi la “frode in pubblica fornitura”.
E se si trattasse invece di traffico di rifiuti? Certo è ben strano che un’inchiesta partita per opera della Guardia Forestale sia ora passata nelle mani del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri. E non meraviglia che gli stessi Carabinieri abbiano eseguito numerosi carotaggi sul materiale sequestrato, per comprendere cosa sia stato rovesciato in mare in questi mesi.
Il Consorzio di imprese appaltanti (la stessa Grandi lavori Fincosit del MOSE a Venezia, la Pietro Cidonio e la Cooperativa Coopsette) sembra essere stata solo sfiorato dall’inchiesta, che ha interessato il gruppo Lo Monaco, (“Darsene Nord” e “Stone&Green”) la Siad Autotrasporti e Scavi, la stessa Pietro Cidonio e la Rogedil Servizi, aggiudicataria dell’appalto per la direzione dei lavori.
Preoccupazione tra i lavoratori delle ditte subappaltanti: ancora una volta la bramosia di moltiplicare i guadagni senza scrupoli rischia di colpire l’economia cittadina, oltre all’ambiente ed alla qualità delle opere realizzate.
Dopo le vicende giudiziarie dell’EXPO di Milano e del MOSE di Venezia, stupisce piacevolmente come il “livello politico” dei poteri locali non sia stato coinvolto nell’inchiesta in corso (almeno per ora). Ci auguriamo che per una volta almeno Civitavecchia si riveli migliore del resto del Paese.
Foto di Giulio Santoni©