Civitavecchia negli ultimi 30 anni ha subito una trasformazione urbanistica importante. Di fatto il centro urbano della città si è spostato verso nord da quello che era il centro, fulcro di tutte le attività cittadine. Pertanto nel tempo l’asse commerciale è salito verso quelle che erano una volta le periferie, oggi superate da nuovi e grandi quartieri (completamento di Campo dell’Oro, San Liborio e San Gordiano Boccelle).
Anche il Porto di Civitavecchia ha contribuito, in modo esponenziale, al profondo cambiamento della città. Il traffico crocieristico, divenuto il core business dell’Autorità Portuale, ha imposto radicali trasformazioni al vecchio scalo ed a tutta la zona nord di Civitavecchia, portando il porto a gestire un traffico crocieristico di circa 2,5 milioni di passeggeri/anno oltre al personale imbarcato. Una città nella città, che ogni giorno giunge a Civitavecchia come nodo di transito, chiedendo a questa servizi (sanità, acqua, trasporti) che le consentano di raggiungere la vera meta: Roma. Un esercito colorato che quasi neanche vede la nostra città, alla quale rimangono da cullare le navi (quelle si) in attesa, a motori accesi.
Con l’entrata in vigore del decreto Bersani sulle liberalizzazioni, nel 1998, abbiamo assistito in città ad un aumento delle aperture di media e grande superficie, mentre le piccole attività per anni hanno sofferto una recessione costante e continua nel tempo. Tutto ciò si è avuto per la dinamica delle liberalizzazioni, che hanno trovato una grande distribuzione pronta a cogliere le opportunità del decreto e del mercato, mentre gli imprenditori civitavecchiesi hanno subìto la repentina evoluzione del mercato.
Civitavecchia commercialmente è cresciuta con una logica di libero “riempimento degli spazi”, senza alcuna programmazione, né atto di indirizzo da parte di nessuna Amministrazione né delle associazioni di categoria.
Gli amministratori, impegnati su chissà quale altro progetto di sviluppo, dimentichi delle ricadute occupazionali ed economiche di un commercio vivo e vitale (che affrancherebbe Civitavecchia dalle attuali servitù energetiche) non hanno compreso la vera innovazione presente nel decreto Bersani: integrare ed armonizzare in un unico progetto commercio, urbanistica, viabilità ed ambiente.
Nella visione del decreto Bersani, compito dei comuni è garantire il corretto equilibrio tra crescita urbanistica, viabilità, valorizzazione dei centri storici, diffusione dei servizi e dell’offerta nonché il rispetto dell’ambiente, ottenendo attraverso la leva della programmazione un miglioramento concreto della qualità di vita sociale ed economica di una comunità.
Una liberalizzazione armonica, che è fin qui mancata, consentirebbe al “negozio di vicinato”, che ricopre tutt’ora una importante funzione sociale di aggregazione, di convivere accanto alle medie e grandi strutture anziché scatenare una competizione senza speranza.
A Civitavecchia oggi, a causa della mancata programmazione, vediamo:
* un mercato chiuso per ristrutturazione da quasi 1100 giorni, che pesano come macigni per gli operatori e per tutti i commercianti che gravitano nell’area mercatale;
* un centro storico non valorizzato, sede di un Centro Commerciale Naturale costituito e mai attivato;
* una mobilità subìta ogni giorno dai cittadini, nella quale il trasporto pubblico locale non si propone come concorrente al traffico veicolare;
* la quasi totale assenza di zone verdi e ricreative attrezzate;
* un litorale, capace di attirare turisti dalla vicina Capitale, intercettare il flusso dei crocieristi, attrarre capitali, ridotto a zona industriale come fosse una prateria senza valore;
* la programmazione per i nuovi insediamenti delle medie e grandi strutture ferma da anni;
* quartieri talmente carenti di servizi da obbligare i residenti a sistematici spostamenti, che alimentano i disagi nella mobilità che viviamo tutti i giorni.
Tutto ciò a dimostrazione della disattenzione degli amministratori verso un settore, quello del commercio, che è linfa vitale per un economia cittadina, perché è quello che genera economia diffusa a tutti gli strati sociali.
Una corretta pianificazione della rete commerciale cittadina, che la integri ad un disegno urbanistico, è il vero strumento di progresso cittadino.
L’evoluzione commerciale, in tutti questi anni, non è però mai stata concertata da nessuna amministrazione e questo ha fatto si che gli imprenditori, in modo autonomo e per spirito di sopravvivenza, abbiano supplito con l’iniziativa alla latitanza delle amministrazioni. Ma tale iniziativa non risponde ad un disegno comune e si risolve in una anarchia urbanistica.
Ad oggi, soprattutto con le “non scelte” dell’Amministrazione, Civitavecchia non vede invece alcuna volontà di cambiare rotta da parte dell’attuale classe politica.
Sono quelle “non scelte” che ci hanno fatto decidere di fare la “scelta”.
Tra quello che abbiamo avuto sino ad oggi e quello che gli stessi soggetti politici ci promettono per domani, la nostra scelta cade sulla terza strada: quella della programmazione, di una città che si guarda allo specchio e decide di cogliere l’opportunità di sognare e realizzare un progetto ventennale o più.
La scelta di un atto di indirizzo anche sociale, che cambi l’orientamento della città.