L’erba cattiva non muore mai, dicono.
Non sempre, a volte muore. Ci mette un po’, ma muore.
Un essere umano se n’è andato, non dovrei rallegrarmene.
Non sono allegra, ma il tiepido stupore che accompagna le morti celebri non mi sta scappando dalle mani, semplicemente si astiene.
E’ morto un essere umano che di umano aveva solo il corpo, lo ha reso un’arma con la quale sfilare la vita dalla bocca di altri uomini. Se n’è fatto carico prima e dopo, da solo, rimanendo fedele alla sua idea di “ciò che è giusto”. Coerente come solo il fango sa essere.
Doveva farlo, lo ha fatto. Non ha scelto perché non voleva scegliere. Non chiamatela sopravvivenza. Poteva scegliere. Magari, la sera con i compagni, si divertiva pure a raccontare come strillava quella troia mentre crepava.
Si diverta adesso, scappando dal fuoco, come forse in vita è scappato dalla sua stessa coscienza, tanto li ritroverà tutti lì, seduti ad aspettarlo per chiedergli il conto, perché quaggiù, grazie alla “giustizia”, non si è nemmeno avvicinato alle casse.
Foto di Enrico Paravani ©
2 Comments
Fulvio Floccari
12/10/2013 at 10:16E per chi non crede nell’aldilà, rimarrà la triste evidenza che la vita non è meritocratica.
E’ il caso a decidere chi esce durante il primo tempo e chi resta a vedere anche le repliche.
Tra militari si dice che pochi eroi e tanti codardi ritornano a casa da reduci.
Addio, Priebke il codardo.
Francesca Luciani
12/10/2013 at 12:56Adesso avrà tante cose da spiegare.