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All’ultimo respiro
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Editoriali

All’ultimo respiro

21 Ottobre, 2013 Enrico Paravani Editoriali 0 comments

Qual è il più alto grado di crudeltà? Come si può raggiungere il top in fatto di cattiveria?

Me lo chiedevo un po’ di giorni fa mentre leggevo un articolo su un’esecuzione capitale in Iran: “un condannato a morte, portato sulla forca, impiccato e dichiarato morto, in realtà è sopravvissuto. L’uomo adesso versa in condizioni precarie, ma appena si riprenderà – ha deciso il giudice – sarà di nuovo sottoposto all’impiccagione.”

Morto due volte, una cosa fuori da ogni logica eppure siamo capaci anche di questo.

Purtroppo non è il primo caso di reiterazione della pena, immaginate il condannato a morte come possa “vivere” questi giorni che lo separano dalla sua “seconda” condanna a morte.

Contare i giorni, i minuti, i secondi che gli resteranno da campare, mangiare il rancio giornaliero come se fosse l’ultima cosa che mangerà in vita sua.

Tutto prenderà una piega diversa, il tempo si dilaterà e nulla sarà come il giorno precedente, anche perché non si sa se ci sarà un giorno seguente.

Ritorno sulla condizione carceraria in generale e sul giustizialismo in particolare perché, sulle nostre teste, soffiano strani venti forcaioli. Si pensi, ad esempio, all’accanimento feroce contro una salma —  quella di Priebke — che non avrebbe meritato altro della sola indifferenza. I morti non possono sentire, vedere, parlare, e fino a prova contraria un morto è “morto”: a cosa serviva tutta questa pantomima?

Banalmente provo a mettermi nei panni del condannato, ma non ci riesco, è più forte di me pensare a domani come un nuovo giorno, una nuova risata, un nuovo caffè, una nuova bevuta, una nuova foto da scattare. Non riesco ad immaginare uno Stato più canaglia di me che ho commesso un reato, non riesco a pensare ad una comunità intera che gode della morte di un suo stesso simile.

Lo so lo so, sarà la mia formazione sempre dietro a diritti e libertà individuali, alle Costituzioni, alle Carte internazionali, ai Caini da salvare… e se poi Caino fosse innocente?

Questo dubbio mi è sempre balenato nella mente come un fulmine in pieno agosto. Non sono mai stato a favore della pena di morte, ma anche se per assurdo lo fossi, questo piccolo insignificante tarlo mi farebbe desistere dall’essere favorevole.

Chi può veramente ergersi a dispensatore di vita o di morte?

Cinquantotto stati continuano ad applicare la pena di morte nei loro ordinamenti, mentre 139 si rifiutano, di diritto o in pratica. Tra questi ultimi, 97 l’hanno abolita per tutti i reati ed 8 per reati comuni. Si torna di nuovo a parlare di tale pena. Gli stati canaglia sono ancora tanti, troppi, le risoluzioni internazionali si muovono con la solita diplomazia, lo stesso Consiglio d’Europa si è fatto promotore di una dichiarazione congiunta per l’abolizione definitiva della pena capitale ed è stata sottoscritta dai ministri degli esteri di 42 paesi, ma il boia continua il suo becero mestiere.

Negli USA, esportatrice di Diritti e di Democrazia in tutto il mondo (sic!), si va addirittura oltre, si sperimentano anche forme nuove di morte indotta:

Un nuovo cocktail letale: al posto del ‘pentorbital’ che veniva usato in precedenza si userà il sedativo a base di “midazolam”. In sequenza verranno poi iniettati due composti che paralizzeranno il condannato e infine lo condurranno all’arresto cardiaco.

La procedura si basa tutta sul funzionamento del primo farmaco – ha spiegato Dietcher direttore del Centro di informazioni sulla pena di morte di Washington. Se ciò non avvenisse il condannato soffrirebbe dolori atroci, ma essendo paralizzato non potrà nemmeno urlare o comunicarlo in alcun modo.

La scienza compie passi da gigante e non si vede motivo per cui non la si debba usare per ogni ambito della nostra quotidianità! In fondo si nasce si cresce si vive e si muore, per merito nostro o per merito altrui. Poi poco importa se è provato da tutte le statistiche delle maggiori agenzie, che la Morte di Stato sia un deterrente pressoché inefficace, anzi è una punizione crudele, disumana e degradante ormai superata, abolita nella legge o nella pratica (de facto), da più della metà dei paesi nel mondo.

La pena di morte viola il diritto alla vita, è irrevocabile e può essere inflitta a innocenti. Non ha effetto deterrente e il suo uso sproporzionato contro poveri ed emarginati è sinonimo di discriminazione e repressione.

Purtroppo si sa che la vendetta è un piatto che va servito freddo, ma anche caldo, magari davanti ad una bella bistecca e patatine fritte… ed è quello che spesso muove lo stomaco, arriva al portafoglio e alle non-coscienze delle persone.

È il ciclo della vita…si NASCE, si CRESCE, si VIVE e si MUORE, il come è un dettaglio. Quanti formalismi!

Dove mai ho letto che un condannato a morte, un’ora prima di morire, diceva o pensava che, se gli fosse toccato vivere in qualche luogo altissimo, su uno scoglio, e su uno spiazzo cosí stretto da poterci posare soltanto i due piedi, – avendo intorno a sé dei precipizi, l’oceano, la tenebra eterna, un’eterna solitudine e una eterna tempesta –, e rimanersene cosí, in un metro quadrato di spazio, tutta la vita, un migliaio d’anni, l’eternità –, anche allora avrebbe preferito vivere che morir subito? Pur di vivere, vivere, vivere! Vivere in qualunque modo, ma vivere!… Quale verità! Dio, che verità! È un vigliacco l’uomo!… Ed è un vigliacco chi per questo lo chiama vigliacco.

Fëdor Dostoevskij, Delitto e castigo

Foto di Enrico Paravani©

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Enrico Paravani

Artigiano, produce tutto ciò che si ottiene dalla trasformazione del legno escluso barche e stuzzicadenti, blogger e fotografo per disperazione.

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